giovedì 18 settembre 2025

82° Anniversario dell'Inizio delle Operazioni nel centro Italia della Terza Divisione di Fanteria US Army



Il 18 settembre del 1943 alle 9.00 i portelloni dei mezzi da sbarco americani, chiamati LST, si aprirono sulla costa a sud del fiume Sele ed i primi soldati della Terza Divisione di Fanteria US Army sbarcarono sul continente Europeo, dopo la Sicilia. 

Il dispiegamento fu rapido e la mattina del 19 un plotone da ricognizione transitava per Olevano e si apprestava a raggiungere Montecorvino Rovella, dove avvenne il primo breve scontro della Terza Divisione di Fanteria. 

Al comando c’era l’ufficiale Richard Savaresy, del 30th reggimento, nato il 23 ottobre del 1918 nello stato del Wyoming. Aveva già una stella di bronzo, meritata il 2 agosto a Caronia, nei pressi di Messina, la seconda lo aspettava in Francia a Besancon. 

Concluse tutta la Seconda Guerra Mondiale e tornò a casa.  Morì a 34 anni, il 12 marzo del 1946. 

Sbarcarono su questa spiaggia tre reggimenti della Terza Divisione di Fanteria americana, che abbiamo l'onore di rappresentare ufficialmente in Italia, erano Il 7° il 15° ed il 30°. 

Il motto del 7th era “volens et potens, volenteroso e capace” quello del 30th era “ our country, not ourselves,  per il nostro paese, non per noi stessi” e quello del 15th era “ Can Do, si può fare”. 









Migliaia di soldati, migliaia di storie, di vite e di affetti, arrivate da lontano con un solo preciso messaggio, liberare l’uomo dalla schiavitù e dalla tirannia. 

La Terza Divisione di Fanteria fece proprio questo messaggio già nella Prima Guerra Mondiale, in Francia, dove da sola resistette, con il 38° reggimento contro due delle migliori divisioni tedesche, con la frase pronunciata dal Colonnello Ulysses Mc Alexander ai soldati, “Nous Resterons Là” “noi resteremo qui”.  La frase divenne uno dei motti della Divisione. 

Nel Secondo Conflitto Mondiale, attraversarono il Nord Africa, l’Italia da Salerno fino alla winter line, poi da Anzio fino a Roma, in seguito la Francia, la Germania e poi l’Austria. 

Furono i primi soldati con la Quinta Armata a conquistare Roma passando da sud e furono i primi soldati nella storia militare della Francia ad attraversare con successo i monti  Vosgi in inverno, sconfiggendo il nemico, mai un esercito ci era riuscito. 

Spesso per queste ricorrenze ci vengono in mente gli eroi, coloro che hanno segnato la storia della Terza Divisione di Fanteria; che hanno ottenuto decine di medaglie per il loro valore e coraggio. 

I tre reggimenti sono pieni di questi eroi. Ma oggi vorremmo ricordare coloro che la storia non nomina, che riempiono solo le liste dei caduti; croci bianche su prati verdi, ma che fino al momento più sfortunato della loro breve vita hanno dato tutto il coraggio che avevano per la missione che avevano da compiere; liberare l’Europa. 

Sono migliaia; il 40% delle croci bianche del Cimitero Americano di Nettuno sono della Terza Divisione di Fanteria Americana. Alcuni non hanno toccato mai la terra ferma, colpiti in uno dei tanti sbarchi della Divisione. Corpi che il mare ha riportato sulla riva mentre i compagni andavano avanti e si perdevano all’orizzonte. 

C’è un ragazzo che mi viene sempre in mente, Samuel Rohan, aveva 18 anni. Arrivato con lo sbarco di Battipaglia, fece tutta l’avanzata fino al Volturno, superò quella tremenda battaglia per attraversare il fiume fino a trovarsi impaurito dentro una buca su monte Camino, sulla linea d’inverno, durante un contrattacco tedesco. Quel giorno vide manifestarsi il soldato Floyd Lindstrom che difese lui e tutta la compagnia arrestando il contrattacco e meritando una Medal Of Honor. Iniziarono a chiamare quell’eroe “pops, nonnetto” perché a 25 anni era uno dei più anziani e probabilmente lo fece anche Samuel. 

Nell’inferno dell’operazione Shingle (lo sbarco di Anzio/Nettuno) era presente, un veterano con i suoi 19 anni appena compiuti. Partì all’attacco il 23 maggio del 1944 e fu ucciso, rimanendo come molti altri sul terreno in attesa del servizio di recupero dei caduti, era il secondo attacco a Cisterna di Latina. 

Non c’è nulla che lo ricorda, nessuna azione, nessun gesto eroico, era stato sempre presente e al suo posto, quando la battaglia si faceva dura ed occorreva avere coraggio e lanciarsi all'attacco. 

A lui il nostro ricordo il giorno dello Sbarco a Battipaglia


Rock of the marne!

Associazione della Terza Divisione di Fanteria US Army 

Sezione Italiana, avamposto nr. 16


On September 18, 1943, at 9:00 a.m., the hatches of the American landing craft, called LSTs, opened on the coast south of the Sele River, and the first soldiers of the US Army's Third Infantry Division landed on the European continent after Sicily. 

The deployment was rapid, and on the morning of the 19th, a reconnaissance platoon passed through Olevano and prepared to reach Montecorvino Rovella, where the Third Infantry Division's first brief skirmish took place. 

In command was Officer Richard Savaresy of the 30th Regiment, born on October 23, 1918, in the state of Wyoming. He already had one Bronze Star, earned on August 2 in Caronia, near Messina, and the second awaited him in Besançon, France. 

He fought throughout the Second World War and returned home. He died at the age of 34 on March 12, 1946.

Three regiments of the Third Infantry Division of the US Army landed on this beach, which we have the honor of officially representing in Italy: the 7th, 15th, and 30th. 

The motto of the 7th was “volens et potens, willing and able,” that of the 30th was “our country, not ourselves,” and that of the 15th was “Can Do.” 

Thousands of soldiers, thousands of stories, lives, and affections, arriving from afar with a single, precise message: to free mankind from slavery and tyranny. 

The Third Infantry Division embraced this message as early as World War I, in France, where it stood alone with the 38th Regiment against two of the best German divisions, with Colonel Ulysses Mc Alexander's words to the soldiers, “Nous Resterons Là” (“We will stay here”). The phrase became one of the Division's mottos. 

In World War II, they crossed North Africa, Italy from Salerno to the winter line, then from Anzio to Rome, followed by France, Germany, and then Austria. 

They were the first soldiers with the Fifth Army to conquer Rome from the south and were the first soldiers in French military history to successfully cross the Vosges mountains in winter, defeating the enemy, something no army had ever achieved before. 

On these anniversaries, we often think of the heroes, those who marked the history of the Third Infantry Division, who won dozens of medals for their bravery and courage. 

The three regiments are full of such heroes. But today we would like to remember those whom history does not mention, who fill only the lists of the fallen; white crosses on green lawns, but who, until the most unfortunate moment of their short lives, gave all the courage they had for the mission they had to accomplish: to liberate Europe. 

There are thousands of them; 40% of the white crosses in the American Cemetery in Nettuno belong to the Third US Infantry Division. Some never touched dry land, struck down in one of the Division's many landings. Bodies that the sea washed back ashore while their comrades pressed on and disappeared over the horizon. 

There is one boy who always comes to mind, Samuel Rohan, who was 18 years old. He arrived with the landing at Battipaglia, advanced all the way to the Volturno, survived that terrible battle to cross the river, only to find himself frightened in a hole on Mount Camino, on the winter line, during a German counterattack. That day, he saw soldier Floyd Lindstrom defend him and the whole company, stopping the counterattack and earning a Medal of Honor. They started calling that hero ‘pops, grandpa’ because at 25 he was one of the oldest, and Samuel probably did too. 

He was present in the hell of Operation Shingle (the landing at Anzio/Nettuno), a veteran who had just turned 19. He went into battle on May 23, 1944, and was killed, remaining like many others on the ground awaiting recovery by the casualty recovery service. It was the second attack on Cisterna di Latina. 

There is nothing to remember him by, no action, no heroic gesture. He was always present and at his post when the battle was tough and it was necessary to have courage and launch an attack. 

We remember him on the day of the landing at Battipaglia.

Rock of the Marne!


Society of the Third Infantry Division US Army


Italian Section, Outpost No. 16





 




mercoledì 17 settembre 2025

La grande corsa fino al fiume Volturno. Dalla testa di ponte di Salerno, fino a Napoli




Quando il successo della nostra difesa, il 14 settembre, indicò che la testa di ponte di Salerno era sicura, il Generale Clark, in una lettera al Generale Dawley, comandante del VI Corpo, si congratulò con ogni ufficiale e arruolato della Quinta Armata. Scrisse: 

Siamo arrivati ​​al nostro obiettivo iniziale; la nostra testa di ponte è sicura. Ogni giorno sbarcano nuove truppe e noi siamo qui per restare. Non verrà ceduto nemmeno un metro di terreno.”

La vittoria di quel combattimento, tuttavia, non fu la fine della battaglia, poiché la Quinta Armata non aveva ancora catturato il porto e gli aeroporti di Napoli, i suoi obiettivi principali. Questi obiettivi si trovavano a 30 miglia a nord-ovest delle nostre linee del fronte, oltre l’Appennino campano. Nel pianificare l'attacco di Salerno i comandanti alleati avevano tenuto conto dei pericoli derivanti dall'attraversamento di queste montagne su strade che si snodano attraverso passi stretti. Avevano sperato che l'impeto iniziale degli sbarchi avrebbe reso sicure le vie a nord da Salerno e Vietri verso la piana di Nocera, ma la tenacia della resistenza tedesca distrusse queste speranze. Ora la Quinta Armata doveva riprendere l'offensiva e farsi strada attraverso le montagne verso Napoli.

L'Ottava Armata del generale Montgomery si stava avvicinando sul fianco sinistro delle forze tedesche a Salerno. Unità della 1a Divisione Aviotrasportata entrarono a Bari il 14 settembre e si spostarono a nord verso Foggia. Gli elementi principali della 5a divisione di fanteria entrarono in contatto con la Quinta Armata a Vallo, a sud-est di Agropoli, il 16 settembre. Se il nemico voleva evitare di essere aggirato, doveva ritirarsi.

Si ritiene che l'alto comando tedesco abbia ordinato di conseguenza al XIV Corpo Panzer di fronte alla Quinta Armata degli Stati Uniti di ripiegare verso nord-ovest in un vasto movimento di rotazione basato sulla Penisola Sorrentina. Le forze nemiche su questo fianco dovevano mantenere i passi di montagna il più a lungo possibile per consentire la completa distruzione del porto di Napoli e per salvaguardare l'evacuazione della pianura campana. Poi anche loro sarebbero ripiegati sul fiume Volturno e si sarebbero collegati al LXXVI Corpo Panzer in ritirata davanti all'Ottava Armata, per formare una linea solida attraverso lo stivale italiano.

I piani nemici prevedevano una resistenza ostinata contro il 10° Corpo e un'azione di retroguardia contro il VI Corpo; i tedeschi non avrebbero quasi avuto alcun contatto con l'Ottava Armata finché questa non si fosse spinta a nord di Foggia. Il piano della nostra avanzata su Napoli era complementare al piano tedesco di ritirata. Attraverso la catena dell'Appennino Campano lungo la Penisola Sorrentina, dove il nemico teneva più forte, la Quinta Armata attaccò con più accanimento.

Superati i difficili passi di questa catena, l'esercito avrebbe percorso il resto del tragitto attraverso la pianura campana. Questo era l'approccio più breve e più semplice a Napoli.

All'interno del 10 Corpo, sul fianco sinistro, l'attacco principale fu assegnato alla 46a Divisione, spostandosi da Vietri sul Mare verso Nocera. A destra la 56a Divisione si spinse direttamente a nord da Salerno per prendere il nemico sul suo fianco destro. Il grosso dell'82a Divisione aviotrasportata alla fine entrò all'estrema sinistra del 10 Corpo; insieme alle forze Ranger e alla 23a Brigata Corazzata britannica, seguì la stretta strada a nord di Maiori per fiancheggiare le difese nemiche a Nocera da ovest.

Dietro la 46ª Divisione, si trovava la 7ª Divisione corazzata britannica, pronta a passare e colpire per Napoli non appena le nostre avanguardie avessero raggiunto la piana di Nocera.

Il VI Corpo, al comando del Magg. Gen. John P. Lucas dal 20 settembre, ricevette la missione di aggirare l'estrema destra della Quinta Armata per mantenere il contatto con l'Ottava Armata e prendere le montagne a est di Napoli, minacciando in questo modo la difesa tedesca della pianura campana. La velocità qui era vitale, sia per esercitare una pressione sulle principali forze tedesche di fronte al 10° Corpo, sia per scoraggiare le demolizioni nemiche.

La nostra avanzata sul fianco destro, 15-19 settembre

Il VI Corpo doveva ancora scacciare il nemico dalla Fabbrica di Tabacchi e dalla collina 424 prima che potesse entrare nelle montagne. Il 15 settembre la fanteria nemica era trincerata lungo tutto il fronte della 45a divisione, ma c'erano indizi che i tedeschi potessero ritirarsi sul nostro fianco estremo destro. Dalle postazioni del Monte Soprano il 505° Fanteria Paracadutisti inviò il 16 settembre delle pattuglie a Rocca d'aspide e non trovò tedeschi in paese; altre pattuglie del 504° Fanteria Paracadutisti segnalarono solo pochi nemici nelle vicinanze di Albanella. La strada sembrava aperta per un nuovo attacco ad Altavilla.

Nel pomeriggio del 16, il Col. Reuben H. Tucker del 504° guidò il suo 1° e 2° battaglione nella lunga e ardua marcia attraverso il paese dall’area di Tempone di San Paolo lungo il crinale dell'Albanella. Dopo un breve riposo, i paracadutisti partirono alle 16.30, il 1° Battalione in testa, per lanciare un attacco notturno contro le colline 424 e 315 da sud. Al calare della notte, l'artiglieria nemica divenne più attiva. La sua intensità e precisione ostacolarono l'avanzata e fecero perdere i contatti tra le unità, ma il 1° Battaglione respinse gli avamposti nemici nelle vicinanze del Monte del Bosco e qui le truppe bivaccarono per la notte. Nella mattinata del 17  il 1° Battaglione si spostò sul colle senza numero a est di Altavilla, mentre il 2° Battaglione presidiava le pendici nord del Monte del Bosco. Il quartier generale del reggimento fu tagliato fuori con gravi perdite. Il 1° battaglione respinse un attacco particolarmente pesante alle 11.00, ma i tedeschi continuarono con attacchi minori. L'artiglieria nemica immobilizzò i paracadutisti.

Gli uomini del 504a trascorsero il giorno e la notte del 17 settembre accovacciati nelle trincee, con proiettili di artiglieria che esplodevano ovunque. Non ebbero né cibo né acqua per più di 36 ore perché le loro scorte erano state svuotate durante il lungo viaggio dal Tempone di San Paolo. Divisi in piccoli gruppi, avevano combattuto duramente e avevano subito pesanti perdite, ma non avevano riconquistato le colline 424 e 315.

I tedeschi non erano pronti a rinunciarvi. Alla fine il nemico cominciò a ritirarsi e il fuoco della sua artiglieria diminuì. Altavilla fu deserta nel tardo pomeriggio del 18, e i carri armati del 191° Battaglione Carri accompagnarono i paracadutisti in città. Al terzo tentativo Altavilla era nostra per sempre.

L'evacuazione tedesca di Altavilla e di quota 424 era stata ritardata il più possibile per proteggere la ritirata generale nemica da Eboli lungo la Strada Statale 91 attraverso Contursi e poi verso nord. Reparti della 45a Divisione a ovest del Sele scoprirono il 17 che le loro pattuglie avevano più libertà d’azione. L'artiglieria nemica continuava però ad essere attiva ed uno schermo di copertura restava ancora ben trincerato sulla vecchia linea tedesca. Nella notte del 17 gli ultimi tedeschi si allontanarono dal fronte immediato della divisione e la mattina del 18 rivelarono veicoli a motore e polvere sulla Highway 91.

Pattuglie della 45a Divisione partirono prontamente verso nord e presto riferirono che il nemico aveva completamente interrotto il contatto. Nel tardo pomeriggio e nella prima notte del 18 la nostra fanteria si spinse verso la Manifattura Tabacchi. Subito dopo mezzanotte la Compagnia K, 157° Fanteria, entrò a Persano. L'avanguardia raggiunse nella notte senza opposizione l'altura tra Battipaglia ed Eboli. La notizia che unità di ricognizione britanniche erano entrate a Battipaglia fece capire chiaramente che il nemico aveva abbandonato l'intera zona.

Tutte le unità della 45a Divisione iniziarono a spostarsi in avanti la mattina del 19, e al calar della notte occuparono le alture che dominavano Eboli, che per tanto tempo era stata il centro delle concentrazioni nemiche. Nello stesso giorno elementi della 36a Divisione si spinsero a est verso Serre e anche verso Ponte Sele. Ogni parte della pianura salernitana era saldamente nelle nostre mani.

Avanzando dalla pianura salernitana fino alla linea del fiume Volturno, il VI Corpo si trovò di fronte alle montagne e ad un nemico abile nella guerra di montagna. Quando i tedeschi, principalmente del 9° Reggimento Panzer Grenadier (16° Divisione Panzer) si ritirarono a nord, usarono le astute tattiche di ritardo che i soldati americani avevano sperimentato nella Sicilia centrale e settentrionale.

Nonostante il terreno che nella penisola era ancora più accidentato e le piogge autunnali che si sarebbero presto rivelate un ulteriore ostacolo. Lo schema dell’azione della retroguardia nemica era chiaro. Sui pendii prescelti, piccoli distaccamenti di retroguardia di fanteria motorizzata piazzavano le loro mitragliatrici; i fucilieri, posizionati più in alto su entrambi i lati, costrinsero le nostre truppe a schierarsi e ad effettuare ampi accerchiamenti lungo i versanti delle montagne.

Pezzi di artiglieria nemici, per lo più semoventi, molto avanzati negli scaglioni, infastidivano le nostre colonne e interdicevano le strade nei punti critici. Le montagne offrivano posizioni eccellenti per questa pratica. Un cannone da 88 mm, ad esempio, posizionato strategicamente a punta scoperta lungo la Highway 91 a nord di Contursi, sparava direttamente su quasi tutta la lunghezza del fondovalle. Apparentemente il pezzo non era mimetizzato, ma la leggera foschia sulle montagne e lo spegnifiamma nascondevano così tanto il cannone che solo un osservatore direttamente in linea con la canna poteva individuarla. Da quattro a cinquecento metri dietro, un carro armato armato con un cannone da 75 mm appoggiava l'88.

Da questa posizione il nemico ci ha causato il massimo ritardo possibile; poi si allontanò e si spostò più indietro lungo la strada. Sia negli accessi alle montagne che nelle montagne stesse c'erano numerosi ponti distrutti e campi minati. I passaggi erano sempre difficili e talvolta impossibili. Di tanto in tanto un distaccamento nemico proteggeva una demolizione; più spesso i ponti distrutti venivano semplicemente lasciati come problemi fastidiosi e dispendiosi in termini di tempo per i nostri ingegneri. Quando il nemico cominciò finalmente a rimanere senza le cariche esplosive, le sostituì con proiettili di artiglieria o le mine. Fino al Volturno le nostre truppe continuavano a sentire il ruggito delle demolizioni tedesche.

La 3d Divisione conquista Acerno, 20-27 settembre

Davanti al VI Corpo c'erano solo due percorsi a nord attraverso le montagne. Uno di questi conduce quasi direttamente a nord da Battipaglia attraverso Acerno; l'altra è una strada che piega a est attraverso Contursi e poi a nord lungo l'alto Sele. Entrambe le strade incontrano la Strada Statale 7, la principale direttrice est-ovest da Avellino a Potenza. Poiché la 36a Divisione aveva sofferto gravi perdite nella difesa della testa di ponte, fu distaccata dal VI Corpo e posta nella riserva dell'esercito per ricostituirsi e riposare.

La 3a Divisione, al comando del Magg. Gen. Lucian K. Truscott, che aveva iniziato lo sbarco il 18 settembre, prese il suo posto e si spostò lungo la rotta occidentale verso la Highway 7 e Avellino; la 45a Divisione avanzò sulla destra lungo la Highway 91.

Verso la mezzanotte del 19 settembre, il plotone di intelligence e ricognizione del 30° fanteria, avanguardia della 3a divisione, si muoveva per le strade ingombre di rovine di Battipaglia. Alle 02.45 del 20, il plotone incontrò un piccolo distaccamento di fanteria nemica nel punto in cui la strada si biforcava a sinistra per Montecorvino Rovella e a destra per Acerno e scacciò il distaccamento. La nostra avanguardia svoltò verso nord-est sulla strada di Acerno; i primi elementi della 3a Divisione erano entrati in montagna.

Sarebbe quasi impossibile trovare un terreno più inadatto alla guerra offensiva. La strada ripida e stretta segue i pendii di montagne aspre come qualsiasi cosa nelle Montagne Rocciose; oscilla così tanto che da ogni curva si può osservare un miglio del suo corso sinuoso. Ci sono passi spazzati dal vento, scogliere che cadono a strapiombo per centinaia di metri verso valli strette e canyon dove il sole penetra solo per un breve periodo durante il giorno. Tutto ciò rende impossibile un rapido progresso. Tuttavia, questo era il nostro percorso.

 

I nostri uomini proseguirono senza opposizione finché giunsero ad una curva inversa 2 miglia a sud-ovest di Acerno. Qui l'Isca della Serra si tuffa da uno stretto canyon e precipita nel Tusciano. La strada attraversa una gola di 60 piedi su un ponte in cemento ad arco singolo, l'unico ponte importante lungo l'intero tratto fino a

Acerno. I tedeschi avevano effettivamente fatto saltare tutto. Inoltre controllavano la curva della strada verso sud col fuoco dei mitraglieri e dei fucilieri piazzati su una collina al di là della valle del Tusciano, che qui è profonda 300 piedi. Il plotone riferì i fatti, stabilì un posto di osservazione e attese il resto del reggimento. Anche il nemico, composto dal 1° Battaglione, 9° Reggimento Panzer Grenadier, aspettava, in una posizione quasi inespugnabile.

Il 3° battaglione, 30° fanteria, al comando del tenente colonnello Edgar C. Doleman, lasciò Battipaglia alle 10:30 del 20 settembre. Raggiunse la sella appena ad ovest del Tusciano alle 19:25 e si fermò per la notte.

All'alba del 21, la Compagnia I riprese l'avanzata lungo la strada, ma il comando tedesco della curva a sud del ponte si rivelò attivo. L'artiglieria nemica dalle posizioni appena a nord di Acerno emetteva occasionalmente fuoco molesto su tratti di strada e colpiva l'area del bivacco del 3° battaglione poco dopo che i nostri uomini l'avevano lasciata.

Per colpire ad Acerno le nostre truppe dovevano evidentemente abbandonare la strada di montagna, lasciando che il 9° e il 41° battaglione di artiglieria campale mettessero fuori combattimento l'artiglieria nemica e facessero fuoco sui movimenti di autocarri e carri armati nemici nelle vicinanze di Acerno.

Gli A-36 dell'Aeronautica effettuarono una missione alle 12.45 lungo la strada a nord di Acerno.

Durante la maggior parte del 21 settembre, il 3° battaglione, 30° fanteria, incontrò una leggera opposizione nemica mentre i suoi uomini si arrampicavano e scivolavano sulle montagne selvagge a ovest della strada. La compagnia I risalì a zigzag il fianco della montagna e si unì alla compagnia L, che si era spostata su un sentiero accidentato che portava a nord dalla sella. Quindi entrambe le compagnie avanzarono verso est attraverso la collina appena sopra il ponte distrutto. Alle 18:00, la Compagnia I in testa aveva raggiunto la parte meridionale della collina 687, a nord-est del ponte.

Nel frattempo si avvicinò il 2° Battaglione, 30° Fanteria. Dalla sella la compagnia G si spinse verso nord lungo il sentiero con la missione di aggirare Acerno e tagliare la via di fuga dei tedeschi a nord del paese. Il resto del battaglione inizialmente progettò di avanzare lungo la strada principale per Acerno, ma l'avanguardia attirò il fuoco dell'artiglieria mentre si avvicinava al ponte distrutto. Fu quindi deciso di rinforzare la compagnia G con il grosso del 2° battaglione. Alla compagnia F, tuttavia, fu ordinato di scendere i ripidi pendii della valle di Tusciano e risalire il lato est di scacciare le forze nemiche che ritardavano in quella zona e poi di colpire Acerno da sud.

Durante la notte queste unità rimasero arroccate sulle montagne. Poco dopo l'alba del 22 settembre, la Compagnia F si trovava sulle alture a est del Tusciano, e il 2° Battaglione teneva la collina 634 a nord-ovest di Acerno. Un plotone della compagnia G si stava dirigendo verso la quota 606, attraverso la valle, sulla strada principale a nord di Acerno. Il 3° battaglione aveva occupato il resto della collina 687.

Dalla sua posizione il 3° Battaglione poteva ora guardare attraverso una valle relativamente dolce verso la piattaforma su cui si trova la città di Acerno. La strada principale raggiunge la piattaforma con una V inversa e poi corre dritta verso est verso la città. L'estremo lembo occidentale della piattaforma, che consente un'eccellente osservazione a nord, ovest e sud, è coronato da un maestoso boschetto di alti castagni. A nord-est del boschetto, un terreno generalmente pianeggiante si estende oltre una chiesa e un cimitero fino al fianco boscoso della montagna dietro Acerno. L'unica via di fuga dei tedeschi correva a nord lungo questa montagna verso la Highway 7.

Mentre il 2° Battaglione tentava di attraversare il profondo vallone a ovest di questa via di fuga, il 3° Battaglione sferrò un attacco al castagneto. Alle 08.00 le compagnie I ed L, con L a sinistra, si mossero contro le mitragliatrici leggere e pesanti nemiche, supportate dai fucilieri; alle 08:42 avevano preso il boschetto in un aspro combattimento con bombe a mano e baionette. Dopo la riorganizzazione, le compagnie si spostarono a nord-est verso il cimitero e la chiesa, ma una batteria nemica da 75 mm a destra dietro la chiesa, insieme al fuoco dei mortai, li costrinse a cedere terreno. Un piccolo contrattacco nemico contro la compagnia L fu respinto alle 10.30. Le nostre truppe attaccarono nuovamente e furono nuovamente respinte dalla combinazione artiglieria-mortai, che teneva aperta la via di fuga all'ultimo fante tedesco nelle vicinanze della città. Il grosso del nemico si era ritirato a metà mattinata, dopo che il castagneto era stato perduto.

Alle 13.00 il nostro attacco ricominciò. Il 2° Battaglione continuò il suo tentativo di attraversare la valle verso la strada principale e il 3° Battaglione colpì Acerno da nord-ovest. I tre battaglioni di artiglieria leggera della divisione si concentrarono su Acerno alle 13.10; nel periodo 12:52-13:25 la nostra artiglieria sparò sulla città complessivamente 1.016 colpi. Sotto questa pressione la restante fanteria tedesca si ritirò con veicoli blindati. Ma il fuoco dei mortai nemici continuò a bloccare il 3° battaglione. Alle 15.25 la Compagnia F a sud e il 3° Battaglione a nord-ovest attaccarono nuovamente e alle 17.00 il 3° Battaglione raggiunse la città.

Dodici prigionieri furono catturati in una posizione anticarro a sud-est e altri venti furono radunati sui pendii a nord. Sebbene la ritirata del nemico non fosse stata interrotta dal 2° Battaglione, non ci furono ulteriori gravi rallentamenti davanti alla 3° Divisione, ed entro il 27 settembre unità della divisione mantennero la Highway 7. In effetti, la battaglia per Acerno fu la più lunga tra tutte le azioni del VI Corpo d'Armata nella zona da Battipaglia al Volturno. Lo schema di tutti gli altri somiglia a quello di Acerno: la fanteria motorizzata e i semoventi nemici erano ben posizionati, vicini alla via di fuga, costringendo le nostre truppe ad un faticoso attraversamento del paese per inserirsi sui fianchi tedeschi.

L'avanzata del VI Corpo, 20-27 settembre

Durante questo stesso periodo la 45a Divisione si spostò lungo la Highway 91. Ad ovest di Oliveto il 180° fanteria si scontrò con il 1° battaglione del 64° reggimento Panzergrenadier, in una posizione che costrinse le nostre truppe a schierarsi ampiamente, ma il 22 settembre il 180° con l'aiuto dei carri armati della compagnia A, 191° battaglione carristi e dal 756° Battaglione carri conquistò la roccaforte nemica.

Il 23 settembre il 179° passò attraverso il 180° e avanzò lungo la sponda occidentale del Sele parallelamente al 157° fanteria sulla sponda orientale. Questi reggimenti incontrarono un nemico più persistente che ritardava l'azione rispetto a quello incontrato dalla 3a Divisione, ma la mattina del 26 la 45a Divisione manteneva saldamente l'incrocio tra le strade 7 e 91.

Il VI Corpo aveva soddisfatto i requisiti di velocità. In 8 giorni la 3a Divisione era avanzata di 28 miglia, misurate lungo la strada da Battipaglia alla Strada Statale 7, anche se le deviazioni in montagna rendevano la distanza effettiva molto maggiore. La 45a Divisione, virando verso est, si era spostata di 34 miglia dalla sua posizione la mattina del 20. Ciascuna divisione aveva allontanato il nemico dalle ottime posizioni e aveva continuato l'avanzata nonostante ogni difficoltà. Spesso l'avanguardia della fanteria si trovava oltre il raggio d'azione dell'artiglieria, lottando per stanare i cannoni sulle strade bloccate e piene di colli di bottiglia.

Le unità della 3a divisione si addentrarono così tanto nelle montagne che potevano essere rifornite solo da carovane di muli portati dalla Sicilia e ad un certo punto anche le carovane di muli dovettero cedere il posto alle carovane umane delle compagnie di riserva.

Il 10° e il 120° Battaglione del Genio, con intraprendenza e resistenza, fecero molto per aiutare l'avanzata del VI Corpo. I genieri hanno spazzato le strade alla ricerca di mine. Gestivano depositi di rifornimento e mantenevano punti d'acqua. Hanno riempito i crateri stradali e mantenuto le superfici percorribili sotto i pesanti carichi imposti dalla rete stradale limitata. Ove possibile hanno costruito nuove strade per aumentare la nostra libertà di azione. Affissero cartelli, allestirono cimiteri e ad Acerno costruirono perfino una pista di atterraggio per gli aerei dell'artiglieria divisionale. Costruirono ponti e tangenziali su quasi ogni miglio delle strade utilizzate dalle due divisioni.

 

Ogni demolizione nemica costava manodopera ai nostri genieri. L'entità del loro compito può essere indicata dal fatto che a 2.200 metri della strada per Acerno, a nord, il nemico fece saltare cinque ponti. Inoltre in montagna non sempre erano possibili aggiramenti. In 2 giorni la Compagnia C, 10° Genio, ricostruì un ponte a sud di Acerno, completando il 23 settembre alle 15.00 una campata a due piani e a due tralicci piegati, lunga 80 piedi, capace di trasportare 18 tonnellate.

Due giorni dopo la compagnia A dello stesso battaglione dovette affrontare un lavoro ancora più difficile. Nel canyon a nord di Acerno i tedeschi fecero saltare non solo un ponte ma anche la parete rocciosa, tanto che per un totale di 100 piedi la strada cessò di esistere. Dopo 2 giorni di lavoro la compagnia ha riaperto la strada alle 19.00 del 26 settembre. Quaranta piedi di esso erano un ponte a carreggiata d'acciaio; il resto era stato tagliato dalla scogliera a strapiombo.

Supportati dal 36° Reggimento genieri (Combattimento) del VI Corpo, i due battaglioni divisionali del Genio rattopparono così le strade dietro la fanteria e mantennero aperte le linee di rifornimento. Dalla notte del 26 in poi il loro lavoro fu reso incommensurabilmente più difficile dalle forti piogge che trasformarono ogni tangenziale in un collo di bottiglia appiccicoso, danneggiarono alcuni ponti temporanei e trascinarono rocce e terra lungo i fianchi delle montagne su tutte le strade. I fanti furono messi in servizio per liberare la strada e il traffico fu ridotto al minimo, ma passò. Tra le demolizioni tedesche e le piogge autunnali l'avanzata del VI Corpo fu innegabilmente ritardata, ma i genieri mantennero quel ritardo in una questione di giorni anziché di settimane.

Avellino, Napoli e il Volturno, 28 settembre-6 ottobre

Mentre il VI Corpo lottava tra le montagne spazzate dalla pioggia, il 10 Corpo si era fatto strada attraverso i passi a sud di Nocera. Il 28 le nostre truppe lungo tutta la linea erano pronte per una rapida corsa in avanti, gli inglesi su Napoli, gli americani sull'importante nodo stradale di Avellino.

I reggimenti della 3a Divisione erano entro il 28 in bilico in un grande arco attorno ad Avellino, con il 133° Regimental Combat Team della 34a Divisione a nord della Highway 7. (Questa divisione, comandata dal Magg. Gen. Charles W. Ryder, aveva iniziato lo sbarco a Paestum il 21 settembre). Le nostre truppe confluirono rapidamente sull'obiettivo e con un improvviso attacco notturno del 29/30 settembre piombammo sulla città prima che le squadre di demolizione nemiche potessero finire il loro lavoro.

Contemporaneamente piombarono su Napoli il 10° Corpo d'armata, guidato dalla 7a Divisione Corazzata. Al calar della notte del 30, unità del 10° Corpo erano su entrambi i lati del Vesuvio; alle 9.30 del 1° ottobre, le Guardie dei Dragoni del Re, al comando del 10° Corpo, entrarono a Napoli senza opposizione. Trovarono una città più terrorizzata che distrutta, anche se il danno era abbastanza grave. Precedenti raid aerei alleati avevano distrutto la maggior parte delle installazioni portuali e i tedeschi completarono la distruzione prima di partire, affondando le navi ai moli e affondando ostacoli nel porto. Il lungomare stesso era un ammasso di macerie pietre e acciaio contorto al fuoco. L'acquedotto principale venne tagliato; tutti i servizi pubblici avevano sospeso l'attività; bombe a orologeria nascoste rendevano ogni giorno pericoloso.

Eppure la Quinta Armata aveva ora un porto che poteva essere rapidamente rimesso in servizio e il rifornimento delle sue unità veniva ora spostato a nord dalle spiagge di Salerno. L'82a Divisione Aviotrasportata entrò a Napoli il 2 ottobre e assunse il controllo della polizia e dei lavori di ricostruzione della città.

L’occupazione della città, però, non bastò. Per difendere il porto di Napoli e gli aeroporti vitali nelle pianure vicine, che necessitavano di una sostanziale barriera naturale. Dovevamo difendere sul fiume Volturno, 20 miglia a nord. Quindi le nostre truppe proseguirono senza indugio. Mentre il 10° Corpo risaliva la pianura campana, il VI Corpo si assicurava i pendii montuosi a nord-est. La 34a e la 45a Divisione avanzarono sul nodo stradale di Benevento. La 45a truppa da ricognizione la raggiunse per prima, alle 12.10 del 2 ottobre.

Alle 23.30 dello stesso giorno il 3° battaglione, 133° di fanteria, entrò in città e proseguì per mantenere una testa di ponte oltre il fiume. La 3a Divisione avanzò nella massa montuosa sopra Caserta e il 6 ottobre le nostre truppe dominavano ovunque la sponda meridionale del Volturno. Ora Napoli era al sicuro e l'obiettivo principale dello sbarco salernitano era stato raggiunto, 27 giorni dopo il D Day sulle spiagge di Paestum.

 

Fonte dati: Centro di Storia Militare dell’Esercito Americano

sito web ufficiale dell'esercito americano e del comando di addestramento e dottrina dell'esercito degli Stati Uniti



Associazione della Terza Divisione di Fanteria US Army

Avamposto nr. 16 - Italia



mercoledì 10 settembre 2025

Saluting the hero Sylvester Antolak - Il saluto all'eroe Sylvester Antolak


 

La visita della Famiglia Antolak al Cimitero Americano di Nettuno, 09 09 2025

The Antolak Family, Sylvester, and Outpost 16 Italy

When the relatives of a World War II hero contact you, asking you to organize a trip to Italy to visit their loved one, buried in one of the war cemeteries, it is an emotional moment. To describe this feeling, I am reminded of the Möbius strip, later defined as a representation of infinity. I found the best definition on the web:

Ordinary surfaces, i.e., the surfaces we are used to seeing in everyday life, always have two sides, so it is always possible to walk along one side without ever reaching the other unless you cross a dividing line formed by an edge (called a “border”) or pierce the surface. Think, for example, of a sphere or a cylinder. For these surfaces, it is possible to conventionally establish an “upper” or “lower” side, or an ‘inner’ or “outer” side. In the case of the Möbius strip, however, this principle does not apply: there is only one side and one edge. After walking around it once, you find yourself on the opposite side. Only after walking around it twice do you find yourself back on the initial side. So you could go from one surface to the one “behind” it without crossing the strip and without jumping over the edge, but simply by walking a long way. 

The history of the Antolaks has only one side and one edge; it is a long journey. If we start from World War II, we have Sylvester and his story, the war in Italy, his courage, his heroic actions, his sacrifice. If we walk one lap, we find his family, the desire to return to the places where his actions took place, our meeting, our friendship; but if we continue and walk two laps, we find ourselves back with Sylvester, in a story that goes on forever. This is what moves me. Sylvester, unknowingly, falling lifeless to the ground riddled with bullets, after protecting his company and instilling courage in those who were afraid, gave the beginning and end of his Möbius strip.

We are honored to be part of this ring he created, to make this ribbon longer and longer and infinite, adding stories, encounters, memories, and emotions that will always lead back to him, because this is his ribbon, he created it.

 

Luigi Settimi

Society of the Third Infantry Division US Army

Outpost 16 Italy

 

 La Famiglia Antolak, Sylvester e l’avamposto 16 Italia

Quando i familiari di un eroe della Seconda Guerra Mondiale ti contattano, ti chiedono di potergli organizzare un viaggio in Italia per andare a trovare il proprio caro, seppellito in uno dei cimiteri di guerra è un momento emozionante. Mi torna in mente, per definire questa sensazione, il nastro di Möbius, definito in seguito come rappresentazione dell’infinito. Ho trovato la migliore definizione sul web:

Le superfici ordinarie, ossia le superfici che nella vita quotidiana siamo abituati ad osservare, hanno sempre due facce per cui è sempre possibile percorrerne idealmente una senza mai raggiungere l'altra se non attraversando una linea di demarcazione costituita da uno spigolo (chiamato "bordo") o bucando la superficie. Si pensi, ad esempio, alla sfera o al cilindro. Per queste superfici è possibile stabilire convenzionalmente un lato "superiore" o "inferiore" oppure "interno" o "esterno". Nel caso del nastro di Möbius, invece, tale principio viene a mancare: esistono un solo lato e un solo bordo. Dopo aver percorso un giro, ci si trova dalla parte opposta. Solo dopo averne percorsi due ci ritroviamo sul lato iniziale. Quindi si potrebbe passare da una superficie a quella "dietro" senza attraversare il nastro e senza saltare il bordo ma semplicemente camminando a lungo.  QQunado

La storia degli Antolak ha un lato solo ed un bordo solo; è un cammino lungo. Se partiamo dalla Seconda Guerra Mondiale abbiamo Sylvester e la sua storia, la guerra in Italia, il suo coraggio, la sua azione eroica, il suo sacrificio. Se percorriamo un giro ritroviamo la sua famiglia, la voglia di tornare sui luoghi delle sue azioni, il nostro incontro, la nostra amicizia; ma se continuiamo e percorriamo due giri ci ritroviamo nuovamente da Sylvester, in una storia che continua all’infinito. E’ questo che mi emoziona. Sylvester, inconsapevolmente, cadendo esanime a terra crivellato di colpi, dopo aver protetto la sua compagnia e infondendo coraggio a chi era impaurito, ha dato il principio e la fine del suo nastro di Möbius.

Siamo onorati di essere entrati a far parte di questo anello che lui ha creato, di rendere sempre più lungo e infinito questo nastro, aggiungendo storie, incontri, ricordi, emozioni, che porteranno sempre a lui, perché questo è il suo nastro, lo ha creato lui.

 

Luigi Settimi

Associazione della Terza Divisione di Fanteria US Army

Presidente avamposto 16, Italia 

























venerdì 29 agosto 2025

Visita del Senatore Repubblicano per lo stato dell'Alaska, Daniel Scott Sullivan a Nettuno

Ieri, 28 agosto, 2025 abbiamo avuto l'onore di conoscere e di accompagnare, in una visita privata al Cimitero Americano di Nettuno ed in seguito presso il poligono militare di Torre Astura a Nettuno, il Senatore Repubblicano per lo stato dell'Alaska, Daniel Scott Sullivan, detto Dan e sua moglie. Daniel Sullivan è senatore per lo stato dell'Alaska dal 2015 ed in precedenza è stato procuratore generale dello stesso stato dal 2009 al 2010. Ancor prima, Sullivan ha ricoperto il ruolo di Vicesegretario di Stato per gli affari economici nell'amministrazione Bush Jr. dal 2006 al 2009. Quello che riportiamo, dal giorno passato in sua compagnia, è il ricordo di una bella persona, che ama profondamente l'America, che ha servito nei Marines, fino al grado di colonnello ed ora come politico. Per le sue vacanze ha voluto visitare l'Italia, e tra i luoghi non poteva mancare il cimitero Americano di Nettuno, dove ha voluto onorare tutti i caduti e dispersi ed in particolare l'unico soldato dell'Alaska, presente tra la bianche croci, con il rito della sabbiatura, al quale abbiamo avuto l'onore di partecipare. La visita nel pomeriggio è proseguita con la spiaggia dove sbarcò la Terza Divisione di Fanteria US Army, rendendo gli onori alla nostra Divisione, a tutti gli avamposti e a tutti noi dell'avamposto 16 Italiano. Ringraziamo il Senatore, con il quale abbiamo stabilito un contatto, la direzione del Cimitero Americano di Nettuno per l'invito ed di Poligono Militare di Nettuno per la cortesia avuta nell'ospitare il Senatore e tutti noi.

Yesterday, August 28, 2025, we had the honor of meeting and accompanying the Republican Senator for the state of Alaska, Daniel Scott Sullivan, known as Dan, and his wife on a private visit to the American Cemetery in Nettuno and then to the Torre Astura military firing range in Nettuno. Daniel Sullivan has been a senator for the state of Alaska since 2015 and was previously attorney general of the same state from 2009 to 2010. Before that, Sullivan served as Deputy Secretary of State for Economic Affairs in the Bush Jr. administration from 2006 to 2009. What we report from the day spent in his company is the memory of a wonderful person who deeply loves America, who served in the Marines, rising to the rank of colonel, and now as a politician. He chose to visit Italy for his vacation, and among the places he wanted to see was the American cemetery in Nettuno, where he wanted to honor all the fallen and missing soldiers, and in particular the only soldier from Alaska, present among the white crosses, with the sanding ritual, in which we had the honor of participating. The afternoon visit continued with a trip to the beach where the US Army's Third Infantry Division landed, paying tribute to our Division, to all the outposts, and to all of us at Outpost 16. We would like to thank the Senator, with whom we established contact, the management of the American Cemetery in Nettuno for the invitation, and the Nettuno Military Range for their kindness in hosting the Senator and all of us.