giovedì 11 novembre 2021

10 novembre, Maurice Lee Britt Medal of Honor a Monterotondo, passo di Mignano

 



E venne il giorno dell’onore, era il 10 novembre del 1943, Monterotondo, a quel punto dei combattimenti, era difeso da tre sottodimensionate compagnie del 3° Btg. 30° Rgt. della Terza Divisione Americana.

Una delle tre compagnie, la L, quella di Britt, era posizionata in basso e ridotta a soli 55 uomini, dei 200 di cui era composta a Salerno e doveva controllare e difendere una zona boscosa di circa 550 metri posta sul versante orientale della collina.

Il comandante del battaglione, il tenente colonnello Edgar C. Doleman, ricorda che il sistema difensivo era talmente esteso e presidiato da pochi uomini che era impossibile mantenere un contatto attraverso il bosco ed i pendii, questo era possibile solo con l’utilizzo di pattuglie, esposte al tiro degli assalitori, o con l’ascolto dei messaggi gridati tra le varie postazioni.

Il nemico iniziò ad avanzare verso le postazioni americane costringendo i prigionieri americani a correre di fronte a loro e riuscendo a trovare un varco tra le compagnie K e L che permetteva loro di attaccare al fianco la compagnia L, isolandola dal resto del battaglione.

Il caporale John Syc, ricordando quei giorni disse: “ non riuscivamo a vedere gli americani, ma li sentivamo gridare di non sparare”.

Quando i prigionieri americani erano ormai a 50 mt e continuavano a gridare “Don’t shoot!” (non sparate!) il comandante della compagnia L, il tenente Britt, gridò ai prigionieri “We’re going to shoot! Fall flat! You won’t be hurt”stiamo per sparare, gettatevi piatti a terra, non vi farete male!”

Il breve ritardo nell’apertura del fuoco da parte degli americani, per capire la situazione ed avvisare i prigionieri usati come scudi umani, aveva permesso ai Panzergrenadier di cogliere  l'opportunità che cercavano:  avvicinarsi il più possibile alla compagnia L per ridurre le perdite ed infliggere maggiore danno al nemico.

Con le due parti molto vicine lo scontro sembrava dovesse terminare con un corpo a corpo, tanto che entrambe le fazioni misero la baionetta sui fucili.

I tedeschi impegnati nell’attacco erano più di cento e fu a quel punto che Britt, capendo che la sua compagnia sarebbe stata tagliata fuori dal resto del battaglione e poi annientata, uscì dalla sua buca e iniziò a correre da una postazione all’altra incoraggiando i suoi uomini a tenere duro e sparare per tenere costantemente sotto il tiro le postazioni tedesche, che nel frattempo, avendo capito tutto, avevano iniziato a prendere di mira Britt, non riuscendo a colpirlo data la sua velocità ed i continui cambi di traiettoria; specialità in cui Britt era famoso nei Detroit Lions.

Durante l’azione Britt fu trafitto al costato da un proiettile e ferito altre tre volte da schegge di mortaio, ma nonostante il dolore, il sangue che gli copriva il petto, il viso e le mani, riuscì a lanciare sul nemico trentadue granate a frammentazione, sparare con il suo fucile e tutte le armi che trovava in terra o nelle buche di soldati uccisi fino a consumare un impressionante numero di colpi.  Uccise cinque tedeschi e ne ferì molti altri, riuscendo a liberare una parte dei soldati americani prigionieri, facendo a sua volta quattro prigionieri tedeschi.

Fred E. Marshall ricorda che Britt correva da una parte all’altra sparando ad ogni rumore e ad ogni figura in movimento, sparendo nel bosco per poi riapparire una volta finite le munizioni, lo ricorda prendere una carabina M1 da un soldato gravemente ferito e continuare a fare fuoco con quella e lanciare granate nel bosco mentre correva cercando i tedeschi.

Una scena rimase impressa a Marshall, fu quando vide Britt, in mezzo al fuoco tedesco a pochi metri da loro, lanciare granate tutto intorno a lui senza essere colpito dalle stesse schegge; le bombe scoppiavano intorno a lui e lui correva e continuava a lanciarle.

Il sergente James G. Klanes ricorda di averlo visto partire e gettare 10/12 granate contro i tedeschi, che gli sparavano e lanciavano a loro volta granate e vederlo poi tornare riprendere altre granate e ripartire in velocità, per tutto il combattimento.

In una delle corse di rientro alle postazioni americane lo videro con il viso il petto e le mani coperte di sangue, per via di tre bombe a mano tedesche lanciate su di lui e che era riuscito a rilanciare indietro facendole scoppiare lontano da lui, ma rimanendo colpito dalle schegge.

Quando l’assalto iniziale stava per vacillare ed il restante della forza tedesca era ancora davanti alle loro posizioni, ma psicologicamente provata per la difesa che stava incontrando; Britt chiamò a raccolta i suoi uomini incitandoli a seguirlo nel bosco per attaccare e ripulire la minaccia.

Il Caporale Eric B. Gibson di Chicago, ed il soldato Schimer di New York lo seguirono; Britt infondeva coraggio, sembrava immortale.

Gibson ricorda che mentre Britt dava le indicazioni per l’azione la borraccia era trafitta da fori di proiettili, la camicia era ricoperta d’acqua, sudore e sangue, il suo porta binocolo era tutto trafitto da schegge e fori di proiettili.

A battaglia ultimata furono contati 14 morti tedeschi su quel lato della montagna, molti di loro uccisi da Britt.

Per tutta la mattina Britt ed i tedeschi nel bosco si scambiarono fuoco da una distanza di 15 metri, sembrava li cercasse tra i rovi per attaccare battaglia.

Alcuni dei superstiti di quello scontro dissero che Britt, quella mattina in quel bosco, era un esercito di un uomo solo.

Le sue azioni incisero in maniera fondamentale sulla ritirata tedesca; probabilmente, se avesse fallito, Monterotondo sarebbe stato riconquistato.

Quando nel pomeriggio arrivarono i rinforzi, Britt tornò ancora nel bosco per cercare e colpire il resto dei tedeschi. Gibson ricorda ancora che Britt annientò una postazione di mitragliatrici che stava per colpirlo, salvandogli la vita.

Quando i rinforzi arrivarono, dei cinquantacinque uomini iniziali di Monterotondo, oltre a Britt ne erano rimasti solo quattro; i tedeschi lasciarono sul campo sessantacinque tra morti e feriti.

Dopo il consolidamento delle posizioni, il comandante del battaglione, il Col. Doleman chiese una relazione a Britt e osservandolo sanguinare in quattro diversi punti gli comunicò di farsi vedere subito; ma Britt disse che non era nulla, il colonnello gli dovette ordinare di andare al punto di soccorso.

Arrivato al posto di medicamento Britt disse all’ufficiale medico, il capitano Roy Hanford, “prosegui con le cure degli altri feriti, ho solo un piccolo graffio, quando hai tempo lo guardi”.

Questo graffio, disse poi il capitano medico, era una ferita di 2 cm di larghezza profonda fino al muscolo, senza contare le schegge sul viso e sulle mani lasciate dalle granate tedesche.

Vedere il comportamento di Britt, disse il Capitano medico, era una fonte di forza e ispirazione sia per i feriti che per il personale medico, provato e stanco da quei giorni di combattimento.

Dopo il suo breve passaggio nell’infermeria si sentiva che tutti volevano dare di più a costo di sopportare il dolore.

Quando gli chiese se voleva andare in ospedale Britt rispose “ No, Doc, voglio risalire su quella collina ed aiutare i miei ragazzi”. 

La sua cura fu un po’ di polvere sulfamidica e un bel po’ di bende. Britt in quell’occasione non mostrò un pezzo di bomba a mano incastrato nel muscolo pettorale, lo fece diversi giorni dopo. Uscì dalla tenda e riprese a salire sulla collina di Monterotondo.

Il Tenente Britt, alla fine dei combattimenti, ricevette la nomina alla Medal of Honor,  la più alta decorazione militare assegnata dal Governo degli Stati Uniti.

Per Britt ci fu anche la promozione a Capitano sul campo di battaglia.

Il nipote di Maurice, Chris Britt, è tornato per la prima volta sui luoghi dove il nonno ottenne la medal of honor, oggi è un socio dell'avamposto 16 della sezione Italiana della Terza Divisione di Fanteria.

Una grande famiglia, alla quale ci sentiamo molto vicini e speriamo di rivederlo presto per tornare sui luoghi che videro quel gigante trionfare da solo contro le forze del male.




Monterotondo, nella zona di combattimento del Ten. Maurice Lee Britt, 
in compagnia del Gen. Gordon Skip Davis Jr.

                            Sulla stele in ricordo di Maurice Lee Britt, in compagnia del nipote Chris

                                                         Il primo incontro con Chris


                                       Sulle stele dedicata alla 36ma Texas Division 


                   Chris insieme ai rappresentanti del LI° Btg Bersaglieri "Montelungo 1943"

                              Chris e Victor Tory Failmezger, nipote di Peter Welch, 

                                    comandante di un M10 del 601° Tank Destroyer


                                               Riunione annuale dell'associazione a Cassino
















martedì 14 settembre 2021

78° anniversario della Liberazione di Montecorvino Rovella

 

L'associazione della Terza Divisione di Fanteria US Army sezione Italiana, è lieta di comunicare ai suoi soci, sostenitori e appassionati di storia l'evento di sabato e domenica prossimi.

Un grande progetto, nato dalla voglia di Onorare e Ricordare, dei ragazzi dell'associazione Esplorando la Campania e sostenuto dalla giunta comunale che ringraziamo.

Rock of the Marne! 





sabato 3 luglio 2021

Addio a Victor "Tory" Failmezger - non ti dimenticheremo mai

 E' salito ieri in cielo, tra gli eroi, il nostro socio onorario Victor Failmezger, per tutti "Tory", dopo aver combattuto per un anno contro un terribile male.

Per chi ha avuto modo di conoscerlo in Italia, Tory era una persona davvero unica.
Ufficiale della Marina degli Stati Uniti, ha percorso la carriera militare passando dalla guerra del Viet Nam alla guerra fredda e alla crisi in Medio Oriente. 
Negli anni '70 è stato in servizio presso la NATO a Pozzuoli, forse i suoi anni più belli, da come li raccontava. Le grandi amicizie di quel periodo, il matrimonio con Patricia e la nascita del primo figlio. 
Nei primi anni '80 fu assistente addetto navale a Roma presso l'ambasciata e successivamente direttore dell'US Navy Science and Technology Group, Europa, a Monaco di Baviera. 
Dopo il pensionamento ha proseguito la sua carriera come consulente nel settore privato e per il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti e per la NASA. 
La sua passione per la ricerca storica lo portò, dopo il ritrovamento delle lettere dello zio, il Tenente Thomas Peter Welch del 601th Tank Destroyer Battalion, a ricostruire tutta la sua storia della Seconda Guerra Mondiale in Europa. 
Dal Balcone della sua casa a Pozzuoli vedeva il mare ed immaginava le prove per lo sbarco di Anzio, condotte dallo zio e poi raccontate nelle sue memorie.
Scoprì, in una foto di un carro armato americano nelle vie di Roma, il giorno della liberazione, che il carrista in piedi sul mezzo era lo zio, perchè amava indossare un giaccone preso ai tedeschi.
Era sempre della compagnia dello zio il carro in fiamme sul quale, nella zona di Colmar, Audie Murphy iniziò la sua personale battaglia nella foresta che gli fece ottenere la medal of honor.
Tutte queste ricerche confluirono nel suo bellissimo libro American Knights del 2015 edito da Osprey. Socio a Vita dell'Associazione della Terza Divisione di Fanteria US Army, appena fu informato della creazione del nostro avamposto chiese i miei riferimenti in Italia e mi scrisse, era maggio del 2018. 
Ne è nata subito un amicizia, una comunione di intenti. Tory era felice che si stava creando quest'avamposto in Italia perchè, come poi mi ha raccontato nei nostri viaggi in Italia, negli Stati Uniti hanno avuto un posto di primo piano le grandi battaglie della Seconda Guerra Mondiale, i grandi sbarchi. 
La guerra di Liberazione Italiana, dove tanti soldati americani sono morti e tanti sono tornati con ferite che non sarebbero mai state rimarginate è stata relegata in second'ordine. 
Alcuni reduci, in passato, spesso non avevano voglia di raccontare, perchè non avevano partecipato a quelle grandi battaglie; avevano sofferto in Sicilia a Salerno, sul Volturno, a Cassino, sulla Gotica, ma a pochi interessava la loro storia. La presenza di una rappresentanza ufficiale dell'Associazione della Terza Divisione US Army in Italia, li riempiva d'orgoglio.
Tory era un fiume di parole, di racconti, di aneddoti. Potevi restare ad ascoltarlo un'intera giornata in macchina e poi a pranzo ed infine la sera davanti ad un aperitivo. Persona di grande cultura, amante del periodo Classico di Roma antica, che lo portò a scrivere un'opera sulle monete di bronzo romane dal paganesimo al cristianesimo.
I nostri incontri erano sempre qualcosa di speciale e tornavo a casa con la consapevolezza di aver appreso sempre cose nuove. Tory sapeva ridere ed allo stesso momento parlare di una cosa profonda e comprendere in pochi secondi la situazione che stava vivendo, gli umori, la felicità e la tristezza delle persone che gli stavano accanto.
Con Tory qualsiasi persona non si sentiva mai fuori posto e ne inferiore, aveva la dote di valorizzare chiunque avesse rapporti con lui. Ricordo ancora il nostro viaggio a Cori, seguendo il percorso dello Zio, arrivammo in paese che era ora di pranzo, l'ordine (ridendo) fu di cercare un ristorante, poi avremmo provveduto al resto. Una volta trovato, essendo amante della cucina italiana chiese la specialità, erano degli gnocchetti al pistacchio. Alla fine del primo, lo vidi alzarsi e dirigersi verso la cucina, non vedendolo tornare, incuriosito lo cercai e lo trovai seduto accanto alle signore anziane che stavano impastando a mano la pasta per la cena, parlava con loro, nel suo perfetto italiano, e le signore erano orgogliose del lavoro che stavano facendo. A Valmontone, in occasione della celebrazione della liberazione, raccontò, nel suo discorso, che il primo carro tedesco distrutto fu colpito dallo zio, con il suo M10, due minuti dopo la fine del discorso mi presentò un signore anziano che per tutto il dopo guerra andò a giocare proprio su quel carro distrutto dallo zio, non lo avevo mai visto così felice. Per ultimo, conservo un ricordo bellissimo, presente anche nel video ufficiale del nostro avamposto. La mattina delle celebrazioni dell'anniversario dello sbarco in Sicilia a Licata, bussò alla porta della mia camera, prestissimo. Aveva in mano delle scope ed il suo amico Peter i secchi, dovevamo andare subito a pulire il monumento alla Terza Divisione di Fanteria, perchè lo aveva visto impolverato, poi avremmo fatto colazione, ma prima il dovere. Quello facemmo.
Nel nostro viaggio a Nettuno, nei luoghi dello sbarco, mi chiese di fermarmi nei pressi di un prato, aveva visto dei papaveri. Ne raccolse pochi e poi li depose sul monumento alla terza divisione nel bosco del Foglino.
Il cielo mi ha dato la possibilità di conoscerti, amico mio e poi ti ha portato via da me troppo presto, da ieri piango la tua mancanza e non mi do pace. Ma so che adesso stai con Thomas e tutti gli altri eroi del 601th Tank Destroyer, purtroppo il viaggio insieme ad Arlington e a Fort Stewart nel Texas non possiamo più farlo, era in programma lo scorso anno. Lo farò comunque e verrò a portarti un papavero rosso dall'Italia.

Ciao, non ti dimenticherò mai, non ti dimenticheremo mai.


Rock of The Marne!












venerdì 18 giugno 2021

Letze Briefe aus Stalingrad - le ultime lettere da Stalingrado

 

Nel 1943 l’alto comando germanico, preoccupato di verificare il morale dei soldati accerchiati a Stalingrado, fece sapere che la corrispondenza sarebbe stata inoltrata a casa per via aerea. Poiché la situazione si era fatta disperata, la maggior parte degli uomini comprese che si sarebbe trattato con ogni probabilità dell’ultima comunicazione con le famiglie. Dopo essere state scritte, le lettere furono requisite dagli ufficiali della sicurezza senza spedirle a casa. Alla fine della guerra, i pacchi delle lettere vennero scoperti vennero negli uffici della polizia e una loro selezione anonima venne pubblicata in Germania.

 

Questa è la prima lettera del volumetto

Letze Briefe aus Stalingrad

(Gutersioh: Bertelsmann, 1958 – in italiano: Ultime lettere da Stalingrado. Torino: Einaudi, 1962)

 

La mia vita non è cambiata affatto. Solo dieci anni fa, era benedetta dal cielo e scansata dagli uomini. Già allora non avevo amici e tu sai perché essi mi tenevano alla larga: la mia felicità era sedere al telescopio e scrutare il cielo e la volta stellata, felice come un bambino lasciato a giocare con le stelle. Sei stata il mio migliore amico, Monika. Hai letto bene: sei stata tu l’amico migliore. La circostanza è troppo seria per mettersi a scherzare. Questa lettera ci metterà quattordici giorni per raggiungerti. A quel tempo avrai già letto sui giornali che cosa è successo qui. Non stare a rifletterci troppo. Le cose staranno in modo parecchio diverso da quanto leggi, ma lascia pure che siano gli altri a preoccuparsi di ricollocarle nella giusta luce. Io ho sempre pensato in anni-luce e sentito in secondi. Anche qui sono tutto preso dalla rilevazione delle condizioni del tempo. Lavoriamo in quattro e se le cose continuassero ad andare così, dovremmo esserne contenti. Il lavoro di per sé è facile. Abbiamo il compito di registrare temperatura e umidità atmosferiche, relazionando su nuvolosità e visibilità. Se qualche burocrate leggesse quello che scrivo, i suoi occhi schizzerebbero fuori dalle orbite – violazione della sicurezza! Monika, che cos’è la nostra vita in confronta con i milioni di anni del cielo stellato! In questa notte incantata, Andromeda e Pegaso sono proprio sulla mia testa. Le ho guardate a lungo: preso sarò presso di loro. Ringrazio il cielo di questa mia letizia e serenità. Per me, naturalmente, sei tu la stella più bella! Le stelle sono immortali e la vita dell’uomo come un granello di sabbia nell’universo. Tutto crolla intorno a noi, un’intera armata scompare, notte e giorno sono in fiamme. E quattro persone sono indaffarate a registrare la temperatura e le condizioni di nuvolosità. Io comprendo poco della guerra. Nessun essere umano è mai caduto per mano mia. E mai ho puntato la pistola verso un qualche bersaglio. Ma una cosa so: i nostri avversari non mostrano la stessa mancanza di senno. Mi sarebbe piaciuto continuare a contare le stelle per qualche decennio ancora: niente di questo accadrà, adesso.

 

                                                                                                                                                                         anonimo

 


venerdì 11 giugno 2021

Foto di oggi: Stazione di Cisterna di Littoria, 1944



 







Foto di oggi, Ernie Pyle ad Anzio

 

Ernie Pyle, Anzio Beachhead area 1944




ID locale: 111-SC-191703 / Didascalia: Fotografia di Ernie Pyle, famoso corrispondente di guerra, che mangia razioni "C". Quinta Armata, Anzio Beachhead area, Italia / Data: 18 marzo 1944





ID locale: 111-SC-210915 / Didascalia: A Nettuno, Italia, Ernie Pyle, corrispondente di guerra e il maggiore generale Lucian Truscott, davanti al quartier generale del corpo / Fotografo: Blau / Data: 26 marzo 1944





ID locale: 111-SC-439555 / Didascalia: Cpl. Jesse Cooper (di Powell Station, TN), Ernie Pyle e Pvt. Willian Bennet (di Dunn, NC) alla volata di un fucile da 155 mm. Quinta Armata. Anzio Beachhead area, Italia / Fotografo: Bonnard / Data: 18 marzo 1944





Didascalia: La bomba che ha colpito oggi ha ferito anche alcuni corrispondenti di guerra, tra cui Ernie Pyle. Ha riportato un leggero taglio al viso ed è qui che guarda il suo letto da cui era appena uscito per assistere al bombardamento, quando il tetto è caduto su di esso. Area Nettuno, Italia / Fotografo: Blau / Data: 16 marzo 1944






domenica 6 giugno 2021

Oggi, in onore di Floyd K. Lindstrom, medal of honor.

Il 6 giugno del 1944, mentre Omaha Beach e le altre spiagge della Normandia vedevano il più grande sbarco anfibio della storia dell’uomo, alcuni soldati del recupero salme, in una zona tra Anzio e Cisterna, rinvenivano i resti di un soldato americano e dal piastrino capirono che era Floyd Kenneth Lindstrom, destinatario della Medal Of Honor.

Nel giorno del suo ritrovamento, noi lo ricordiamo con le parole, in anteprima, del romanzo che l’Ass. della Terza Divisione di Fanteria gli sta dedicando.

[… Floyd, finché ha potuto, ha sempre anteposto la salvezza degli altri alla sua, fino a sacrificare la sua stessa vita pur di portare in salvo i suoi compagni. La sua paga da soldato veniva inviata alla madre per aiutarla nella difficoltà economica in cui versava la sua famiglia e per comprare fiori sempre freschi da portare sulla tomba della sua amata, morta prematuramente. Floyd è una bellissima immagine di un ragazzo onesto, pulito, semplice; costretto dagli eventi a sparare verso altri suoi simili che volevano rendere l’Europa schiava di regimi autoritari. Il suo sacrificio, come quello di centinaia di migliaia di altri soldati americani, contribuì a renderci liberi, noi non lo dimentichiamo. In quella immane tragedia umana, che fu la Seconda Guerra Mondiale, Floyd non perse mai di vista i suoi valori; la famiglia, la fede, l’amicizia, il rispetto per gli altri, la compassione. Il sogno di Floyd era di avere un piccolo ranch, dove poter vivere con la sua amata, non lo realizzò. La vita gli tolse prima il padre, alcolizzato e dal quale la madre fuggì, poi il suo unico grande amore, Mary Jane, morta giovanissima per un attacco di cuore. Gli tolse la famiglia, quando fu chiamato per andare in guerra. Gli tolse gli amici, conosciuti in guerra e divenuti fratelli; persi in Nord Africa, Sicilia, Salerno, sul Volturno, lungo la Winter Line e nel mattatoio di Anzio. Cercò di proteggere sempre tutto quello che gli restava; a casa la madre e la sorella ed in guerra i fratelli in armi. Lo fece risparmiando sulla sua paga e con la su arma, la mitragliatrice, impiegandola sempre per proteggere i suoi amici da contrattacchi e rapide ritirate. Lo fece fino al giorno in cui la vita decise di prendersi anche lui. La sua storia è stata raccolta tanti anni dopo da Keith LaMee di Colorado Springs, oggi nostro fratello, che lo ha onorato con monumenti, targhe e cerimonie, fino a dedicagli la sezione nr. 5 dell’American Legion, una delle sezioni più antiche degli Stati Uniti. Uno dei più grandi e moderni ospedali militari degli Stati Uniti, per la cura dei reduci dalla guerra, è stato dedicato a Floyd K Lindstrom. Il Pioneer Museum di Colorado Springs conserva le sue medaglie, donate dalla famiglia. La sua storia ha superato l’oceano ed è stata raccolta dall’Ass. Italiana della Terza Divisione di Fanteria US Army, che gli ha dedicato l’avamposto Italiano…]


[… Ai primi di febbraio la compagnia di Floyd era avanzata di alcune miglia dopo lo sbarco di Anzio, ma quel giorno ci fu un grande contrattacco tedesco su tutta la linea del fronte, mai una divisione aveva perso tanti soldati in uno stesso giorno, ci fu un ripiegamento generale, molte compagnie rimasero isolate, alcune vennero annientate, altre resistettero e riuscirono a rientrare in posizioni più organizzate per una difesa estrema della testa di ponte dello sbarco. La compagnia “H” di Floyd era rimasta indietro, chiusi all’interno di una buca ebbero pochi minuti per decidere e Floyd decise per tutti, come a Monte Camino, a novembre del 1943. Prese la sua mitragliatrice, la puntò verso il nemico e disse agli altri di correre verso le retrovie appena iniziava a fare fuoco, li avrebbe raggiunti subito dopo. Inquadrò il terreno ad alzo zero, vide le figure in lontananza, caricò l’arma e iniziò il concerto della morte. Gli altri uscirono dalla buca e corsero verso la direzione opposta, sentivano Floyd sparare tutti i nastri che aveva, ricaricare e sparare, poi non lo sentirono più. L’area era devastata dai colpi di mortaio ed i rumori coprivano tutto. Raggiunsero un riparo nelle retrovie, mentre il fumo, il fuoco e gli scoppi delle granate di mortaio riempivano l’intera valle da dove erano venuti. Si misero ad attendere Floyd, l’avrebbero visto arrivare da lì a poco, con la sua mitragliatrice pesante in braccio ed il nastro appeso. Attesero, ma non arrivava nessuno. L’artiglieria americana, quando ebbe notizia che la ritirata si era conclusa, iniziò a ribattere colpo su colpo i tedeschi. I Cotton Balers della compagnia “H” rimasero ancora in attesa, il cuore nel frattempo aveva rallentato i battiti, dopo la corsa a perdifiato di qualche minuto prima, ma Floyd non arrivava. Il fumo man mano si diradava lasciando intravedere distese di erba bruciata e tanti corpi esanimi in terra, forse Floyd era lì, forse era ferito. Gli sguardi erano smarriti, di chi non sa cosa fare, in Sicilia Floyd era rientrato, dopo aver frenato il camion e superato i colpi dei caccia tedeschi che dal cielo lo mitragliavano. Era rientrato dalle rocce di Monte Camino, dopo aver assaltato da solo una postazione di mitragliatrice, mentre tutto intorno colpi di mortaio cercavano di centrarlo. Era sempre rientrato, ma la valle adesso era vuota e lui non c’era. Il PFC Marvin Darrel Crone non si dava pace, la storia per lui avrebbe avuto un lieto fine, ma quel giorno non lo sapeva. Tornò a casa dopo aver attraversato, con la Terza Divisione, tutta l’Europa fino in Germania. Di fronte a lui, il PFC Samuel G. Rohan, anche lui nella buca a Monte Camino con Floyd e adesso in attesa del suo amico. Cadde il 23 maggio del 1944 nel primo attacco a Cisterna, aveva vent’ anni. Il Tsgt Nicolas Alfier, anche lui a Monte Camino con Floyd, ordinò al gruppo di muoversi in fretta e raggiungere altre posizioni arretrate. La vita per il sergente si sarebbe fermata il 26 maggio del 1944, nella seconda battaglia di Cisterna. Qualcuno della compagnia “H” rimase a guardare nella posizione opposta ancora per un po' e tutti, con gli occhi lucidi, ripresero la corsa verso le retrovie. Dal comando di reggimento ebbero la notizia che era stato classificato come MIA, (missing in action) ma c’erano pochissime probabilità che fosse stato ferito o fatto prigioniero. Quel giorno tutti quelli che non riuscirono a tornare indietro restarono sul terreno. Floyd Lindstrom, non vide mai la sua Medal Of Honor, che fu consegnata ai suoi parenti il 25 Aprile del 1944. Ma la sua famiglia ottenne tutti i benefici economici di cui ha diritto un destinatario di una Medal of Honor...]


Floyd fu inizialmente sepolto nel cimitero Americano di Nettuno, poi nel luglio del 1948 fu restituito alla famiglia a Colorado Springs. Riposa accanto a sua madre Ana Lindstrom, presso l’Evergreen Cemetery di Colorado Springs. Ed i ragazzi dell’American Legion di Colorado Springs non gli fanno mancare mai i fiori, anche domani saranno lì, per dire “thanks bro” … come noi dall’Italia gli diciamo “grazie fratello”.



PFC Floyd Kennet Lindstrom

“Pops”

Terza divisione di Fanteria US Army

7° reggimento “Cotton Balers”

3° Battaglione

Compagnia H

Dog tag nr. 37.349.634


Medagliere personale

1 Medal Of Honor (medaglia d’onore)

1 Silver Star (Stella d’Argento)

1 Purple Hearts (cuore di porpora)

2 Croci di Guerra italiane al valore militare 



On June 6, 1944, while Omaha Beach and the other beaches of Normandy witnessed the greatest amphibious landing in human history, some soldiers from the body recovery, in an area between Anzio and Cisterna, found the remains of an American soldier and from the plate they understood that it was Floyd Kenneth Lindstrom, recipient of the Medal Of Honor.


On the day of his discovery, we remember him with the words, a preview of the novel that the Ass. of the Third Infantry Division is dedicating to him.


Floyd, as long as he could, always put the salvation of others before his own, to the point of sacrificing his own life in order to bring his comrades to safety. His soldier's pay was sent to his mother to help her in the economic difficulties in which his family was in and to buy fresh flowers to bring to the grave of his beloved, who died prematurely. Floyd is a beautiful image of an honest, clean, simple boy; forced by events to shoot at his fellow soldiers who wanted to make Europe a slave of authoritarian regimes. His sacrifice, like that of hundreds of thousands of other American soldiers, helped to make us free, we do not forget. In the immense human tragedy that was World War II, Floyd never lost sight of his values: family, faith, friendship, respect for others, compassion. Floyd's dream was to have a small ranch, where he could live with his beloved, he did not achieve it. Life took away first his father, an alcoholic and from whom his mother fled, then his one great love, Mary Jane, who died very young of a heart attack. It took away his family, when he was called to go to war. It took away his friends, whom he met in the war and who became his brothers; lost in North Africa, Sicily, Salerno, on the Volturno, along the Winter Line and in the slaughterhouse at Anzio. He always tried to protect all he had left; at home his mother and sister and in the war his brothers in arms. He did it saving on his pay and with his weapon, the machine gun, always employing it to protect his friends from counterattacks and quick retreats. He did this until the day life decided to take him too. His story has been collected many years later by Keith LaMee of Colorado Springs, today our brother, who honored him with monuments, plaques and ceremonies, until dedicating to him section no. 5 of the American Legion, one of the oldest sections in the United States. One of the largest and most modern military hospitals in the United States, for the care of war veterans, was dedicated to Floyd K Lindstrom. The Pioneer Museum in Colorado Springs preserves his medals, donated by his family. His story crossed the ocean and was picked up by the Italian Ass. of the Third US Army Infantry Division, which dedicated the Italian outpost to him...]


.. In early February Floyd's company had advanced a few miles after the Anzio landings, but that day there was a major German counterattack all along the front line, never had a division lost so many troops in one day, there was a general retreat, many companies were isolated, some were wiped out, others resisted and were able to get into more organized positions for an extreme defense of the beachhead. Floyd's "H" Company had fallen behind, locked in a hole and given a few minutes to decide, Floyd decided for everyone, as he had at Monte Camino in November 1943. He picked up his machine gun, pointed it at the enemy and told the others to run for the rear as soon as he started firing, he'd be right behind them. He framed the ground at zero elevation, saw the figures in the distance, loaded his weapon and began the death concert. The others came out of the hole and ran in the opposite direction, heard Floyd firing all the tapes he had, reloaded and fired, then heard no more. The area was ravaged by mortar fire and the noise covered everything. They reached a shelter in the rear as smoke, fire, and the blasts of mortar shells filled the entire valley from whence they had come. They waited for Floyd; they would see him coming soon, with his heavy machine gun in his arms and the tape hanging down. They waited, but no one came. When the American artillery got word that the retreat was over, they began to pound the Germans blow for blow. The Cotton Balers of "H" Company were still waiting, their hearts having slowed in the meantime after the headlong rush of a few minutes before, but Floyd would not come. The smoke gradually cleared, leaving glimpses of burned grass and many lifeless bodies on the ground; perhaps Floyd was there, perhaps he was wounded. The gazes were lost, of those who do not know what to do, in Sicily Floyd had returned, after braking the truck and overcoming the shots of the German fighters that machine-gunned him from the sky. He had come back from the rocks of Monte Camino, after having attacked a machine-gun post on his own, while all around him mortar shells were trying to hit him. He had always returned, but the valley was now empty and he was not there. PFC Marvin Darrel Crone couldn't rest, the story would have a happy ending for him, but he didn't know it that day. He returned home after crossing, with the Third Division, all of Europe to Germany. In front of him was PFC Samuel G. Rohan, also in the hole at Monte Camino with Floyd and now waiting for his friend. He fell on May 23, 1944 in the first attack at Cisterna, he was 20 years old. Tsgt Nicolas Alfier, also at Monte Camino with Floyd, ordered the group to move quickly and reach other rear positions. Life for the sergeant would stop on May 26, 1944, in the second battle of Cisterna. Someone from "H" Company stood watch in the opposite position for a while longer, and everyone, bright-eyed, resumed the rush to the rear. From the regimental headquarters they got the news that he had been classified as MIA, (missing in action) but there was very little chance that he had been wounded or taken prisoner. Everyone who couldn't make it back remained on the ground that day. Floyd Lindstrom, never saw his Medal Of Honor, which was given to his relatives on April 25, 1944. But his family did get all the financial benefits to which a Medal of Honor recipient is entitled...]

Floyd was initially buried in Neptune American Cemetery, then in July 1948 was returned to his family in Colorado Springs. He rests next to his mother Ana Lindstrom at Evergreen Cemetery in Colorado Springs. And the guys of the American Legion of Colorado Springs never miss his flowers, even tomorrow they will be there, to say "thanks bro" ... as we from Italy say "thanks brother".






PFC Floyd Kennet Lindstrom


"Pops"


3rd Infantry Division US Army


7th "Cotton Balers" Regiment


3rd Battalion


H Company


Dog tag no. 37,349,634




Personal Medal Collection


1 Medal Of Honor


1 Silver Star


1 Purple Hearts


2 Italian Crosses of War for Military Valor