Anche quest'anno siamo presenti al
Premio Letterario Monte Carmignano per l'Europa.
Tanti i libri presenti quest'anno, per una manifestazione
ogni anno più ricca.
Nel ricordo di Tommaso Sgueglia, che dal cielo, sarà contento di vedere il suo lavoro proseguire con la stessa passione.
Per coloro che non conoscono quanto è accaduto a Caiazzo, vi riportiamo quanto indicato sul portale del Comune di Caiazzo:
https://www.comunedicaiazzo.it/eccidio-monte-carmignano-3
Dal Volume « Caiazzo non perdona il Boia Nazista. La strage
dimenticata, 13 ottobre 1943 »
di Antimo Della Valle, Edizioni Spartaco.
Nell’ottobre del 1943, per ragioni strategiche, il fiume Volturno
divenne decisivo per la realizzazione del piano difensivo tedesco che prevedeva
la costruzione di una linea difensiva, (linea Gustav) per ritardare l’avanzata
dell’esercito alleato verso nord. Per consentire l’allestimento dello
sbarramento difensivo e completare le fortificazioni, soprattutto nella zona di
Cassino, Kesselring organizzò una dura resistenza lungo il Volturno sfruttando
le pessime condizioni atmosferiche. Il fiume è un vero e proprio ostacolo
naturale perché le lunghe piogge creano periodi di piena e rendono il terreno
circostante impraticabile. Vi furono aspri combattimenti tra le truppe
anglo-americane e i tedeschi che si erano schierati lungo la riva
settentrionale del fiume, con l’intento di difendere la linea difensiva.
L’attacco della Quinta Armata contro le linee del Volturno iniziò la notte del
12 ottobre e, dopo due giorni di duri combattimenti, gli Alleati riuscirono a
superare il fiume e conquistare la città di Caiazzo, un baluardo per la
resistenza dei tedeschi che avevano organizzato una difesa efficace formata da
unità di retroguardia sparse lungo la dorsale delle colline.
Mentre gli Alleati stavano per oltrepassare il fiume, la
sera del 13 ottobre un manipolo di soldati tedeschi, guidati dal giovane
sottotenente Wolfgang Lehnigk-Emden, che occupavano una casa utilizzata come
posto di comando sul Monte Carmignano, un colle che domina la valle del
Volturno, uccisero gli abitanti di un casolare, che si erano rifugiati per
sfuggire ai bombardamenti. Fu una strage. Furono annientati due interi nuclei
familiari: quattro uomini, sette donne e undici bambini. Le vittime erano dei
civili inermi, sospettati di aver lanciato segnali luminosi agli Alleati. I
tedeschi li massacrarono con raffiche di mitra per poi straziarne i corpi. Il giorno
dopo gli Americani superarono la linea difensiva tedesca sul Volturno e
occuparono la cittadina di Caiazzo. Con loro arrivarono i corrispondenti di
guerra americani che documentarono la terribile strage. William Stoneman, del
Chicago Daily News, salì sul colle, alla periferia di Caiazzo, e dopo aver
accertato che si era trattato di un massacro, iniziò a raccontare agli
americani che alcuni tedeschi in ritirata verso il fronte di Cassino avevano
ucciso donne e bambini, lasciando i corpi ammassati accanto al casolare dove si
erano rifugiati. Nella sua lunga corrispondenza raccontò di aver trascorso la
giornata più sofferta della sua vita collezionando le «peggiori esperienze che
si possono fare in un’intera esistenza».
Stoneman informò il Servizio segreto militare americano
dell’accaduto e cominciò a raccogliere elementi in grado di identificare il
reparto di appartenenza delle truppe tedesche. Alcuni giorni dopo, l’esercito
americano catturò un gruppo di militari tedeschi della terza compagnia del 29° Panzer
Grenadier Regiment, tra i quali il responsabile della strage: Wolfgang
Lehnigk-Emden, sottotenente di 21 anni. Condotto nel campo di prigionia di
Aversa, l’ufficiale della Wehrmacht confessò di aver comandato la spedizione
sul Monte Carmignano e di aver ordinato ai suoi soldati di uccidere i civili.
Emden fu condotto ad Algeri in un campo di prigionia americano per comparire
dinanzi ad una Commissione d’inchiesta, ma nell’agosto del 1945, in circostanze
mai chiarite, riuscì a ritornare in Germania. In Italia nessuno conosceva il
nome del responsabile della strage e i particolari dell’inchiesta, condotta dal
Servizio segreto militare, poiché il Comando della Quinta Armata aveva
comunicato di non «trasmettere i risultati alla stampa» per evitare rappresaglie
nei confronti dei soldati americani. Ma Stoneman conosceva perfettamente i
risultati dell’inchiesta, e quando fu nominato assistente per i crimini di
guerra del Segretario Generale delle Nazioni Unite, inserì il nome di Emden
nella lista dei criminali di guerra. L’inviato di guerra americano sollecitò il
Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti per consentire la cattura del
responsabile della terribile strage, inviando parte della documentazione
raccolta dalla commissione d’inchiesta americana. Dopo una indagine interna,
gli americani compresero di non essere in grado di individuare il prigioniero
di guerra che nel frattempo era riuscito a rientrare in Germania. Nel luglio
del 1946, il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti inviò il dossier sulla
strage al Governo italiano, evitando ogni coinvolgimento delle autorità
americane responsabili di non aver consegnato il criminale alla giustizia
italiana.
Così Stoneman si rivolse direttamente elle autorità
italiane: il 10 marzo 1949, scrisse al ministro degli Esteri Carlo Sforza, per
informarlo che un criminale di guerra, responsabile dell’eccidio di Caiazzo,
era stato rimpatriato e non consegnato alla magistratura italiana. «Caro Conte
Sforza, ricorro alla nostra conoscenza nei giorni difficili del 1943 e del 1944
– scrive Stoneman – per chiedere il vostro aiuto per scoprire se e cosa è stato
fatto per punire e arrestare il tenente Wolfgang Lehnihk-Emden, quel giovane
bruto tedesco che fu responsabile dell’uccisione di oltre venti civili italiani
a Caiazzo».
Il Ministero degli Affari Esteri, dopo aver attivato una
procedura per verificare i fatti e trasmesso i documenti alla procura generale
militare, decise di non rintracciare il responsabile « in considerazione della
fase delicata che attraversano le trattative attualmente in corso con le
Autorità Sovietiche per la nota relativa ai presunti criminali di guerra
detenuti in Italia e richiesti dal Governo dell’Urss». Il Ministero degli
Esteri e la Procura Generale mostrarono una grande preoccupazione per le sorti
dei criminali italiani richiesti dal governo dell’Urss e, per non compromettere
le trattative in corso con le autorità sovietiche, decisero di non avviare il
procedimento penale a carico di Emden. Il fascicolo fu archiviato in un armadio
presso il Tribunale Supremo Militare di Roma e sulla strage di Caiazzo si alzò
una coltre di silenzio e indifferenza.
Alla fine degli anni Ottanta, un italoamericano appassionato
di storia, Joseph Agnone, mentre studiava la guerra sul Volturno, scoprì
casualmente a Washington il dossier sulla strage di Caiazzo e inviò il
carteggio alla magistratura italiana. Nel gennaio del 1991 la procura della
Repubblica di Santa Maria Capua Vetere avviò un procedimento penale a carico
dei responsabili dell’eccidio di Caiazzo. Contemporaneamente anche in Germania
fu avviata un’inchiesta che condusse all’arresto dell’ex ufficiale tedesco. Il
sostituto procuratore Paolo Albano, che avviò l’istruttoria a carico dell’ex
ufficiale tedesco, interrogò l’imputato nel carcere di Coblenza. «Mi trovai di
fronte un uomo anziano, all’epoca aveva 70 anni, ma ancora forte ed energico –
scrive il magistrato nel Diario di un pubblico ministero zoppicava leggermente
poiché era rimasto claudicante per effetto di una ferita di guerra. Affrontò
l’interrogatorio con atteggiamento glaciale, non vi fu un solo attimo in cui
quest’uomo si sia commosso o abbia tradito un attimo di emozione: appariva
impassibile. Mi colpì moltissimo la sua freddezza nel ricordare gli avvenimenti
di quelle sera di quasi 50 anni prima […] Non mostrava nessun dispiacere,
nessun tipo di pentimento».
Il 18 gennaio 1994 il Tribunale Superiore di Coblenza, sulla
base di una sentenza della Corte di Cassazione del 1969, annullò il
procedimento penale a carico di Lehnigk-Emden in quanto il reato era caduto in
prescrizione. Non solo. Le autorità tedesche non concessero l’estradizione
impedendo alla magistrature italiane di trasferire in Italia l’ex ufficiale
della Wehrmacht.
Nonostante tutte le difficoltà, la Corte di Assise di Santa
Maria Capua Vetere presieduta dal procuratore di Cassino, Gianfranco Izzo, il
25 ottobre 1994 condannò all’ergastolo, in contumacia, l’ex tenente della
Wehrmacht, Wolfgang Lehnigk-Emden e l’ex serpente Kurt Schuster. «La
valutazione complessiva degli elementi acquisiti al processo» – si legge nella
motivazione della sentenza «consente di individuare con certezza nell’imputato
Lehnigk-Emden il promotore dell’azione delittuosa, ossia come colui che la
ideò, ne assunse l’iniziativa e l’attuò in concorso con altri militari
offertisi corne volontari». Ancora. «Questa Corte ritiene», scrive il giudice a
latere Rosa Maria Caturano, «di poter legittimamente affermare che la condotta
criminosa di Emden e Schuster fu tale da costituire un’ignominia indelebile per
lo stesso esercito cui essi appartenevano».
Quel 13 ottobre 1943…
di Guido Ambrosino da "il Manifesto" del 9
febbraio 1994.
I dizionari dicono di Caiazzo che sorge “in amena posizione,
sulle pendici di un colle che degrada verso il Volturno, a 23 km da Caserta. Il
13 ottobre 1943 i quattromila abitanti del paese si trovarono sulla linea del
fronte.
Da Napoli avanzava la quinta armata americana. Sul monte
Carmignano si era asserragliata la terza compagnia del 29esimo reggimento dei
Panzergrenadier. Tra loro c’era il tenente Wolfgang Lehnig-Enden, nato il 10
dicembre 1922 a Calau, vicino Cottbus. E rimasta una foto del tenente allora
ventenne: un viso liscio da ragazzino, occhialetti di tartaruga. Dalle
testimonianze dei subordinati sappiamo che non lo stimavano. Lo studente
puntellava la sua vacillante autorità esibendo fanatismo. La compagnia si
sentiva in terra nemica. L’8 settembre, 5 settimane prima, l’Italia aveva firmato
l’armistizio con gli alleati. La popolazione civile veniva considerata un
potenziale avversario, ed il 29esimo reggimento dei granatieri corrazzati si
comportava di conseguenza.
Nel diario del reggimento, alla data 16 settembre 1943, si
legge che la ritirata procede secondo i piani e si aggiunge: “Fucilati diversi
civili per intimidire la popolazione. La sera del 13 ottobre 1943 il tenente
Lehnigk-Emden era particolarmente nervoso. Proprio quel giorno il governo
Badoglio aveva dichiarato guerra alla Germania, e gli americani incalzavano:
nella notte tra il 13 e il 14 i tedeschi lasciarono le posizioni sul monte
Carmignano. Poche ore prima della ritirata, il massacro. L’ufficiale crede di
vedere segnali luminosi da una vicina masseria. Un riflesso su un vetro che
sbatte? L’ondeggiare di un lume?
Lehnigk-Emden non ha dubbi: per lui quelli sono segnali
rivolti agli americani.
Che la quinta armata avesse avuto il tempo di costruire una
rete di informatori tra i contadini di Caiazzo é quanto mai inverosimile, tanto
più in quei giorni di movimento del fronte. Del resto il casolare non poteva
essere visto dalle posizioni americane.
Lehnigk-Emden, che sospetta dappertutto « traditori »,
irrompe nella casa con un paio di soldati e vi trova 22 persone: le famiglie
Perrone, D’Agostino, Palumbo e Massadoro. I quattro capi famiglia vengono
trascinati via come « partigiani » e portati al comando di compagnia, duecento
metri più in alto. Lehnigk-Emden guida l’esecuzione e ammazza anche unragazzo
di 14 anni e 2 donne, che si erano aggrappate i loro uomini e li avevano
seguiti.
La scena si imprime nella memoria del granatiere Wilhelm May
che, fatto prigioniero dagli americani il 4 novembre con 34 uomini della terza
compagnia, racconta il massacro. La sua deposizione, raccolta ad Aversa il 5
novembre 1943, è confermata dal soldato Lella (o Leila), dai caporali Zikorski
(o Sikorski: la grafia dei nomi oscilla) e Ligmanovski, dal sottufficiale
Richter. Secondo Wilhe May il tenente
dice: laggiù ce ne sono molti altri ancora, dobbiamo fucilarli tutti.
Lehnigk-Emden, accompagnato dai sottufficiali Kurt Schuster e Hans Gnass che lo
avevano aiutato nella prima carneficina, torna alla prima masseria dove sono
rimaste 15 persone : 10 bambini e bambine, la più piccola di 3 anni e, 5 donne
e ragazze, la più giovane sedicenne.
I soldati gettano granate dentro casa, dalle finestre. Chi
fugge all’aperto viene falciato dai mitra, o massacrato con le baionette e i
calci dei fucili. Il granatiere Wilhelm May, nella sua dichiarazione agli americani
aggiunge « Io ed un moi compagno ci dicemmo che avremmo dovuto ammazzare
Lehnigk-Emden, perché quel che aveva fatto era una vergogna per l’esercito
tedesco. I verbali sono redatti da Hans Habe, giornalista di origine austriaca
rifugiatosi negli Usa e tornato in Europa con l’uniforme dell’Us Army. Habe
interroga anche Lehnigk-Emden, che in un primo tempo ammette solo la
fucilazione di quattro uomini, e mente sostenendo di aver avuto l’ordine di
fucilarli dal comandante di compagnia Draschke (secondo gli altri prigionieri,
a Lehnigk-Emden che sollecitava una rappresaglia Draschke rispose, « non voglio
assumermi questa responsabilità », e subito dopo si allontanò per prendere
contatto col comando del battaglione.
L’8 novembre Lehnigk-Emden confessa che anche delle donne
erano state uccise, ma cerca di giustificarne la morte sostenendo che si erano
gettate davanti agli uomini, sulla linea di fuoco. Lehnigk-Emden, trasferitosi
in un campo di prigionia in Algeria, viene nuovamente interrogato insieme agli
altri testimoni da una commissione d’inchiesta. Riesce a fuggire, anche se con
una ferita alla gamba, lo ritrovano gli inglesi, ed una loro nave ospedale lo
riporta in Europa.
A Goettingen lo rilasciano per errore. Nei suoi confronti
pende già un mandato di cattura, ma un soldato americano ha commesso uno
sbaglio nel trascrivere il nome. Invece di Wolfgang Lehnigk-Emden sul documento
si legge Wolfgang Lemick. Questa inesattezza gli consente di dileguarsi. Nessuno conosce un Lemick. Col suo vero nome
l’ex tenente si sposa nel 1950 e si trasferisce a Ochtendung, un paese di 4500
abitanti vicino Coblenza. Lavora con un certo successo come architetto e siede
nel consiglio comunale (sin dal 1946 si è iscritto alla SPD). Dal 1966 presiede
l’associazione che organizza il carnevale a Ochtendung.
Al processo si è arrivati grazie alle ricerche di Giuseppe
Agnone, nato in un paese vicino Caiazzo ed emigrato negli Usa nel 1956 e di
documenti trovati a Caiazzo dallo storico Giuseppe Capobianco. Negli archivi
Usa Agnone trovò i verbali completi degli interrogatori di Aversa e di quelli
effettuati in Algeria. Gli atti, classificati come “riservati” (confidenziali)
erano stati nel frattempo resi accessibili. II nome del responsabile vi era
scritto correttamente. Agnone consegnò le copie alla procura di Santa Maria
Capua Vetere. L’Interpol si mosse. Il 15 ottobre 1992 Wolfgang Lehnigk-Emden
venne arrestato. Ora, dal 18 gennaio del 1994, è di nuovo libero.