Sezione 16, dedicata a Floyd K. Lindstrom, Medal of Honor
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martedì 28 febbraio 2023
giovedì 10 novembre 2022
10 Novembre 1943, 79° Anno, il giorno delle medaglie per Maurice Lee Britt e John B. Armostrong
E venne il giorno del valore, era il 10 novembre del 1943, Monterotondo a quel punto dei combattimenti, era difeso da tre sottodimensionate compagnie del 3° Btg. del 30° Rgt. della Terza Divisione Americana.
Una delle tre compagnie, la “L”, quella di Maurice Lee Britt, era posizionata in basso e ridotta a soli 55 uomini, dei 200 di cui era composta durante l’operazione Avalanche, e doveva controllare e difendere una zona boscosa di circa 550 metri posta sul versante orientale della collina.
Il comandante del battaglione, il tenente colonnello Edgar C. Doleman, ricorda che il sistema difensivo era talmente esteso e presidiato da pochi uomini che era impossibile mantenere un contatto attraverso il bosco ed i pendii, questo era possibile solo con l’utilizzo di pattuglie, esposte al tiro degli assalitori o con l’ascolto dei messaggi gridati tra le varie postazioni, comunicazioni impossibili nelle fasi della battaglia perché coperte dai rumori degli scoppi e degli spari.
Il nemico iniziò ad avanzare verso le postazioni americane costringendo i prigionieri americani a correre di fronte a loro e riuscendo a trovare un varco tra le compagnie K e L che permetteva loro di attaccare al fianco la compagnia L, isolandola dal resto del battaglione.
Il caporale John Syc, ricordando quei giorni disse: “non riuscivamo a vedere i prigionieri americani, ma li sentivamo gridare di non sparare”.
Quando i prigionieri erano ormai a 50 mt e continuavano a gridare “Don’t shoot!” (non sparate!) il comandante della compagnia L, il tenente Britt, gridò ai prigionieri “We’re going to shoot! Fall flat! You won’t be hurt” “stiamo per sparare, gettatevi piatti a terra, non vi farete male!”
Il breve ritardo nell’apertura del fuoco da parte degli americani, per capire la situazione ed avvisare i prigionieri usati come scudi umani, aveva permesso ai Panzergrenadier di cogliere l'opportunità che cercavano: avvicinarsi il più possibile alla compagnia L per ridurre le perdite ed infliggere maggiore danno al nemico.
Con le due parti molto vicine lo scontro sembrava dovesse terminare con un corpo a corpo, tanto che entrambe le fazioni misero la baionetta sui fucili.
I tedeschi impegnati nell’attacco erano più di cento e fu a quel punto che Britt, capendo che la sua compagnia sarebbe stata tagliata fuori dal resto del battaglione e poi annientata, uscì dalla sua buca e iniziò a correre da una postazione all’altra incoraggiando i suoi uomini a tenere duro e sparare per tenere costantemente sotto il tiro le postazioni tedesche, che nel frattempo, avendo capito tutto, avevano iniziato a prendere di mira solo lui, Britt, non riuscendo a colpirlo data la sua velocità ed i continui cambi di traiettoria; specialità in cui Britt era famoso nei Detroit Lions.
Durante l’azione fu trafitto al costato da un proiettile e ferito altre tre volte da schegge di mortaio, ma nonostante il dolore, il sangue che gli copriva il petto, il viso e le mani, riuscì a lanciare sul nemico trentadue granate a frammentazione, sparare con il suo fucile e tutte le armi che trovava in terra o nelle buche di soldati uccisi, fino a consumare un impressionante numero di colpi. Uccise cinque tedeschi e ne ferì molti altri, riuscendo a liberare una parte dei soldati americani prigionieri, facendo a sua volta quattro prigionieri tedeschi.
Fred E. Marshall ricorda che Britt correva da una parte all’altra sparando ad ogni rumore e ad ogni figura in movimento, sparendo nel bosco per poi riapparire una volta finite le munizioni, lo ricorda prendere una carabina M1 da un soldato gravemente ferito e continuare a fare fuoco con quella e lanciare granate nel bosco mentre correva cercando i tedeschi.
Una scena rimase impressa a Marshall, fu quando vide Britt in mezzo al fuoco tedesco a pochi metri da loro, lanciare granate tutto intorno a lui senza essere colpito dalle stesse schegge; le bombe scoppiavano intorno a lui e lui correva e continuava a lanciarle.
Il sergente James G. Klanes ricorda di averlo visto partire e gettare 10/12 granate contro i tedeschi, che gli sparavano e lanciavano a loro volta granate e vederlo poi tornare per riprendere altre granate e ripartire in velocità, per tutto il combattimento.
In una delle corse di rientro alle postazioni americane lo videro con il viso il petto e le mani coperte di sangue, per via di tre bombe a mano tedesche lanciate su di lui e che era riuscito a rilanciare indietro facendole scoppiare lontano, ma rimanendo colpito dalle schegge.
Quando l’assalto iniziale stava per vacillare ed il restante della forza tedesca era ancora davanti alle loro posizioni, ma psicologicamente provata per la difesa che stava incontrando; Britt chiamò a raccolta i suoi uomini incitandoli a seguirlo nel bosco per attaccare e ripulire la minaccia.
Il Caporale Eric B. Gibson di Chicago, (che quel giorno non sapeva che il 28 gennaio del 1944, presso Isola Bella a nord di Anzio avrebbe ottenuto la Medal of Honor per il suo coraggio) ed il soldato Schimer di New York lo seguirono; Britt infondeva coraggio, sembrava immortale.
Gibson ricorda che mentre Britt dava le indicazioni per l’azione la borraccia era trafitta da fori di proiettili, la camicia era ricoperta d’acqua, sudore e sangue, il suo porta binocolo era tutto trafitto da schegge e fori di proiettili.
A battaglia ultimata furono contati 14 morti tedeschi su quel lato della montagna, molti di loro uccisi da Britt.
Per tutta la mattina lui ed i tedeschi nel bosco si scambiarono fuoco da una distanza di 15 metri, sembrava li cercasse tra i rovi per attaccare battaglia.
Alcuni dei superstiti di quello scontro dissero che Britt, quella mattina in quel bosco, era un esercito di un uomo solo.
Le sue azioni incisero in maniera fondamentale sulla ritirata tedesca; probabilmente, se avesse fallito, Monterotondo sarebbe stato riconquistato.
Quando nel pomeriggio arrivarono i rinforzi, Britt tornò ancora nel bosco per cercare e colpire il resto dei tedeschi rimasti. Gibson ricorda ancora che Britt annientò una postazione di mitragliatrici che stava per colpirlo, salvandogli la vita.
Quando i rinforzi arrivarono, dei cinquantacinque uomini iniziali della compagnia “L” di Britt ne erano rimasti solo quattro; i tedeschi lasciarono sul campo sessantacinque tra morti e feriti.
Dopo il consolidamento delle posizioni, il comandante del battaglione, il Col. Doleman chiese una relazione a Britt e osservandolo sanguinare in quattro diversi punti gli comunicò di farsi vedere subito; ma Britt disse che non era nulla, il colonnello gli dovette ordinare di andare al punto di soccorso.
Arrivato al posto di medicamento Britt disse all’ufficiale medico, il capitano Roy Hanford, “prosegui con le cure degli altri feriti, ho solo un piccolo graffio, quando hai tempo lo guardi”.
Questo graffio, disse poi il capitano medico, era una ferita di 2 cm di larghezza profonda fino al muscolo, senza contare le schegge sul viso e sulle mani lasciate dalle granate tedesche.
Vedere il comportamento di Britt, disse il Capitano medico, era una fonte di forza e ispirazione sia per i feriti che per il personale medico, provato e stanco da quei giorni di combattimento.
Dopo il suo breve passaggio nell’infermeria si sentiva che tutti volevano dare di più a costo di sopportare il dolore, la sua figura infondeva rispetto forza e coraggio.
Quando gli chiese se voleva andare in ospedale Britt rispose “No, Doc, I want to go back up that hill and help my guys!.” (No, dottore, voglio risalire su quella collina ed aiutare i miei ragazzi). La sua cura fu un po’ di polvere sulfamidica e un bel po’ di bende. Britt in quell’occasione non mostrò un pezzo di bomba a mano incastrato nel muscolo pettorale, lo fece diversi giorni dopo. Uscì dalla tenda e riprese a salire sulla ripidissima collina di Monterotondo.
Il Tenente Britt, alla fine dei combattimenti, ricevette la nomina alla Medal of Honor, la più alta decorazione militare assegnata dal Governo degli Stati Uniti.
Per Britt ci fu anche la promozione a Capitano sul campo di battaglia.
Britt, alla fine della guerra, divenne il secondo soldato più decorato della seconda guerra mondiale.
Abbiamo conosciuto il nipote Chris Britt, oggi nostro fratello, nel viaggio che ha voluto fare in Italia per ripercorrere le tappe più significative della guerra del nonno.
La sua famiglia è la nostra famiglia oggi sono un unica cosa e lo aspettiamo per il prossimo viaggio in Italia.
Lo stesso giorno, dalla parte opposta della collina, tra monte rotondo e monte lungo, nel tratto di pianura che le collega, dove passa la via Casilina, zona di operazioni del 15th reggimento della Terza Divisione di Fanteria; una compagnia avanzata non dava più segni di vita, le comunicazioni erano interrotte. Fu a e quel punto che il tenente Armstrong decise che era il momento di partire in direzione di quella compagnia. Attraverso circa 900 mt di terreno aperto senza ripari esponendosi per due ore al tiro di armi leggere e mortai che producevano migliaia di schegge senza colpirlo. Raggiunta la compagnia la trovo sotto fuoco nemico di artiglieria, infondendo coraggio li aiutò a riorganizzarsi e a ristabilire le comunicazioni, ripartendo poi alla volta delle retrovie per riferire al comandante del battaglione.
Per quest'azione coraggiosa fu raggiunto l'obiettivo di quel giorno, vennero mantenute le posizioni raggiunte e ristabiliti i contatti con la prima line.
Fu nominato per la medaglia d'argento, la silver star.
Abbiamo conosciuto da poco suo figlio e siamo diventati amici, qualche giorno fa ci ha spedito la patch di suo padre e la sua piastrina che faranno parte della storia del nostro avamposto.
Maurice Lee Britt
Chris Britt e Victor "Tory" Failmezger insieme a Cassino
Chris Britt rende gli onori alla 36ma Texas a Sant'Angelo In Theodice
Maurice, uomo di grande ironia e simpatia in ogni cosa che faceva
Con tutte le medaglie e la promozione a Capitano
Insieme con i suoi Detroit Lions
Chris parla del nonno a Fort Stewart base della Terza Divisione di Fanteria il giorno in cui venne inaugurato un cancello d'ingresso a Maurice
Britt Gate
L'ultimo ricordo di Maurice Lee Britt
martedì 8 novembre 2022
7 - 8 Novembre 1943 - 79° Anno, proseguono gli attacchi sul passo di Mignano
7 novembre
otto battaglioni di artiglieria si schierarono nella zona di Mignano Montelungo per supportare l'attacco del giorno 8. La logistica aveva finalmente fatto arrivare sulla linea del fronte l'equipaggiamento invernale e razioni di cibo.
Monte Camino, Monte La Defenza
I continui attacchi del 6 novembre avevano portato i "cottonbalers" (nome del 7th reggimento) fino quasi alla vetta. Il tiro incrociato delle mitragliatrici rendeva impossibile l'avanzata, alle 13.30 del 6 novembre si contavano già 25 caduti tra le rocce ed il viaggio dei feriti in barella fino a valle (Caspoli) era un calvario di 4 ore.
Diario del 7th reggimento "Cottonbalers"
02:45: la compagnia che va a nord avanza di un miglio sopra un aspro paese, nessuna resistenza, cecchino che spara sulle pattuglie e cerca di strappare vittime dalla collina.
06:45: la compagnia 'F' avanza verso la cima adi Monte la Defensa, progredisce lentamente
09:45: due plotoni della Cannon Company ricevono la chiamata del 2 ° Battaglione, si posizionano ed iniziano a cannoneggiare la vetta.
11:00: al 1°e 2° battaglione non sparano più da Monte Camino mentre gli inglesi si avvicinano a questo obiettivo.
12:15: la compagnia 'F' incontra forte resistenza, il fuoco delle mitragliatrici proviene dall'alto, dai pendii rocciosi, la sella verrà attaccata di nuovo.
13:30: elementi avanzati della compagnia 'F' in cima al crinale impegnati in scontri, ricevono tiri di mitragliatrice e fuoco di mortai; plotone mandato in sella a dare supporto di fuoco pesante; il battaglione continuerà l'attacco.
16:10: la compagnia 'F' sull' obiettivo, Monte Difensa, dopo un'aspra lotta. La compagnia scaverà postazioni e coprirà l'avanzata del battaglione.
20:18: ordine di divisione: il 1° e il 2° battaglione continueranno ad attaccare per conquistare le alture a sinistra della Divisione.
Il cibo non arriva dalla valle, dovranno attendere il giorno successivo con lanci programmati da parte di un Piper, al quale verrà chiesto via radio di non lanciare sulle posizioni della Terza Divisione per non farle scoprire dai tedeschi.
8 novembre, Monterotondo
La conquista di Monterotondo avvenne l’8 novembre, in una mattina nebbiosa, dopo due giorni passati sotto la neve senza equipaggiamento invernale e senza cibo, che fu consegnato solo poche ore prima del secondo attacco. Per quest’azione furono sostenuti da otto battaglioni di artiglieria coordinati tra loro, che fecero fuoco sulle due colline, permettendo al 30° rgt. di rompere la difesa del 3° Panzergrenadier Division e farsi largo lungo la boscaglia, risalendo la collina ripida e fangosa per raggiungere la vetta. Per la conquista della vetta il 30° reggimento della Terza Divisione ebbe la Presidential Unit Citation, un nastrino blù rettangolare bordato da un cordoncino color oro, una delle più alte onorificenze militari delle forze armate statunitensi, conferita per "atti di straordinario eroismo contro il nemico".
8 novembre, Monte lungo
Anche un battaglione del 15°rgt. di fanteria conquistò la prima vetta di Montelungo, mentre un secondo si posizionò lungo l’Highway Six tra le colline di Montelungo e Monterotondo per garantire la chiusura di una curva difensiva di circa novecento metri. In questa zona la pattuglia di esploratori guidata dal soldato Audie Murphy a seguito di un combattimento con diversi morti e prigionieri Tedeschi, fu costretta a rifugiarsi in una grotta. (lo scontro fu ricordato da A.Murphy nelle sue memorie pubblicate nel libro “all’Inferno e ritorno”. La grotta è stata ritrovata nella primavera del 2018 ed è attualmente visitabile.) Lo stesso giorno, l’8 novembre, con l’intenzione di riconquistare la collina, l’8 reggimento della 3a divisione panzer (Panzergrenadier) lanciò diversi attacchi con il secondo battaglione (II/8°) contro alcune compagnie della terza divisione posizionate sulla sommità di Monterotondo. La storico della 3a divisione ci ha descritto i loro attacchi come “non coordinati tra di loro”, questo fatto fu strano per gli americani, abituati all’organizzazione tedesca nella difesa e nell’attacco. La forza del battaglione tedesco alla fine dei primi attacchi era ridotta a soli trenta uomini tanto da rendere necessario al comando tedesco di riunire il II°btg. (II/8°) al III° btg. (III/8°) posto tra Monterotondo e Montelungo per avere di nuovo una unità efficiente. Il generale Tedesco Frido Von Senger, comandante dell’intero settore, disperato per gli esiti degli scontri e deciso a riprendere Monterotondo, ordinò al 104° reggimento Panzergrenadier, (III/104°) rimasto di riserva, di riconquistare la vetta di Monterotondo “a tutti i costi”. Von Senger ordinò inoltre al gruppo di combattimento di Otto Von Corvin di prendere posizione nella zona di San Pietro Infine, la famosa battaglia di San Pietro era all’orizzonte.
domenica 6 novembre 2022
6 Novembre 1943 - 79° anno, il difensore del passo di Mignano, Frido Von Senger
La linea Bernhardt fu scelta dal generale Hube che cedette in seguito il comando al gen. Frido Von Senger Und Etterlin. Secondo le considerazioni di Senger, il punto debole della linea era al centro, tra Mignano e San Pietro Infine, dove sorgeva il monte Cesima.
La Linea Reinhardt (detta anche linea Bernhardt e winter line dagli alleati) fu una linea fortificata difensiva progettata dall'OberkommandoderWehrmacht o OKW e realizzata dall’Organizzazione Todt in Italia durante la campagna d'Italia della Seconda guerra mondiale.
Andava dal fiume Sangro sull'Adriatico fino alla foce del fiume Garigliano passando per la vetta del Monte Camino Monte la Remetanea e Monte Maggiore, nel territorio di Rocca d'Evandro, per Montelungo, Mignano e Monte Sambucaro, che sta al confine fra le tre regioni del Lazio, Molise e Campania.
La Linea Bernhardt non era particolarmente fortificata, a differenza della Linea Gustav, ed era stata pensata dal comando tedesco al solo scopo di rallentare l'avanzata Alleata nell'avvicinamento a quest'ultima.
Nell’ordine di Kesselring doveva essere approntata entro il 1° novembre 1943.
Fridolin Von Senger era un uomo diverso dall’immaginario dei generali tedeschi; magro, schivo, riservato, colto e raffinato. Non fu mai coinvolto in rappresaglie verso i civili (anche se in Italia di una ne fu sicuramente a conoscenza). Nei primi anni di guerra, durante le rapide avanzate in Olanda e Francia, le divisioni corazzate di Senger ebbero in generale un grande rispetto delle popolazioni civili, frutto degli ordini impartiti da questo cultore dell’arte e della storia ma anche generale fedele alla patria ed al giuramento fatto. Umanista e cattolico osservante, tanto da andare a messa ogni giorno e divenire fratello laico dell’ordine dei Frati Benedettini, passò alla storia come il grande difensore dell’abazia Benedettina di Cassino e grande stratega della difesa lungo la linea d’Inverno (la linea Bernhardt) e la linea Gustav, che tagliava in due l’Italia nel punto più stretto della penisola. In previsione dello scontro finale a Cassino convinse l’abate Gregorio Diamare a portare in salvo le inestimabili opere d’arte presenti nell’abazia per evitare che venissero non solo distrutte dai bombardamenti ma depredate dalla divisione Hermann Goring per essere trasferite in Germania. Contrario al Nazismo, fece il suo dovere come soldato e come generale, rispettando sempre l’avversario. Fridolin Rudolf von Senger und Etterlin era un bambino fortunato: la sua famiglia discendeva da nobili possidenti. Nato a Waldshut, il 4 settembre 1891, il vento di Napoleone Bonaparte spogliò la sua famiglia di ogni proprietà ed i genitori del piccolo Frido si reinventarono avvocati e funzionari dello Stato. Questo gli consentì di vivere un’infanzia senza preoccupazioni. Dal papà ereditò il senso del dovere; dalla mamma la fede cattolica. Da adulto Frido prese i voti di ‘terziario’ benedettino sentendo la fede in maniera forte dentro di lui. Amava la pittura e sognava di proseguire gli studi che gli consentissero di diventare uno storico dell’arte. L’Europa nel frattempo precipitava nella barbarie della Prima e poi della Seconda Guerra Mondiale. Frido si ritrovò arruolato come ufficiale dell’esercito tedesco: prima per il Kaiser e poi per il Fuhrer. I fogli matricolari lo descrivono un ufficiale preparato e capace. La guerra lo spedisce subito in prima linea. Prima nell’avanzata verso l’Olanda e la Francia, con la rapida vittoria. E qui, mentre tutti festeggiano, Frido riflette, e la riflessione è riportata nelle sue memorie:
“Io mi ero fatto la convinzione che la fulminea disfatta della Francia non avesse per nulla deciso l’esito della guerra, come molti pensavano. La tattica delle avanzate travolgenti non era applicabile nel confronti dell’avversario principale, l’Inghilterra, per tre diverse ragioni. L’Inghilterra dominava i mari, le potenze dell’asse no; L’Inghilterra faceva parte di un’unione di stati sparpagliati in tutto il mondo. Buon ultimo: la mentalità degli inglesi, ben diversa da quella degli europei continentali; afferra solo ciò che ha potuto studiare per anni e capire. La tesi tedesca della plutocrazia, per cui presso gli altri popoli l’uomo della strada si batteva per i ricchi, non era familiare agli inglesi. Questi combattevano per un ideale incomprensibile ai tedeschi sotto il regime di Hitler. A costoro veniva insegnato che bisognava liberarsi dell’essenza della democrazia definita come “alterco parlamentare, algebra delle maggioranze, regime dei bonzi corrotti”. Per gli Inglesi, invece, la democrazia rappresenta la libertà personale, il diritto e quindi la dignità umana, tutte cose per cui vale la pena battersi.”
Al ristorante dell’hotel Metayer, a Rennes, durante una cena, la ronda tedesca ordinò ai commensali francesi di rientrare a casa essendo arrivate le 22.00, gli ufficiali tedeschi potevano restare fino alle 23. Frido ordinò che tutti restassero comodamente ai tavoli invitando alcuni ad intrattenersi con lui per parlare di politica, i francesi ordinarono una bottiglia e restarono con lui fino alle 24.00. Scrive ancora in quei giorni:
“Nelle ore tranquille della riflessione dopo il ritmo incalzante della campagna militare si delineava più precisa la mia intima tragedia, una tragedia sofferta indubbiamente da molti ufficiali di Hitler. Questi dovevano affrontare un duplice e contrastante imperativo: quello di battersi strenuamente per la vittoria e quello di desiderare la disfatta per amor di patria.”
“Costoro erano rimasti fra l’altro anche cristiani, e sapevano di trovarsi di fronte al regno dell’Anticristo, alla persecuzione degli innocenti, all’eliminazione del diritto, alla sopraffazione, all’insicurezza personale e alla megalomania del nazionalsocialismo.”
A novembre è impegnato nella difesa lungo la linea d’inverno e subito dopo la ritirata si appresta alla difesa di un settore chiave della Linea Gustav: quello che i tedeschi avrebbero dovuto difendere con le unghie ed i denti per tardare il più possibile l’avanzata Alleata, facendo così in modo che raggiungesse il più tardi possibile la Germania. La sua difesa fu da manuale e si studia ancora oggi. Prima di essere promosso al fronte di Montecassino, mentre ancora era al comando delle truppe in Sardegna e Corsica, quando si trovò al bivio tra salvare la propria vita e salvare la propria anima, scelse senza dubbio la seconda: il 9 settembre ’43 non eseguì l’ordine di fucilare tutti gli ufficiali italiani fatti prigionieri e che fino al giorno prima erano suoi alleati; l’ordine del Fuhrer era tassativo e chiunque non lo avesse eseguito sarebbe stato a sua volta passato per le armi, si fosse chiamato pure Frido Rudolf von Senger. Il generale imbarcò tutti gli ufficiali italiani sulla prima motonave in partenza dalla Corsica e poi telefonò al suo superiore, il maresciallo Kesselring, comandante delle truppe tedesche in Italia e gli disse di non avere ufficiali da fucilare.
Kesselring gli evitò la corte marziale e Frido fu sempre in debito con lui.
Era un uomo di guerra che riusciva a mantenere la sua umanità; di grande cultura, attento osservatore della natura e delle bellezze del creato; caratteristiche in netto contrasto con la guerra, che assume in lui i contorni dell’arte, terribile, ma che svolgeva in maniera sapiente, professionale, umana e disumana allo stesso momento.
A Santa Maria al Monte, in provincia di Pisa, sulla facciata della chiesa di San Pietro in Vincoli una targa recita “A Frido von Senger, generale tedesco antinazista e benedettino, che salvò centinaia di soldati italiani e il tesoro di Montecassino. Nel 70° anniversario della sua presenza a Villa Pozzo.”
Scrisse Frido Von Senger, nelle sue memorie, ripensando alle battaglie sul passo di Mignano
“Il decorso dei combattimenti che portarono allo sfondamento della linea Berhardt e che costituirono il preludio alle battaglie di Cassino fu caratterizzato dal fatto che l’iniziativa era esclusivamente riservata all’avversario. In nessun punto in cui vennero attaccate da forze consistenti le divisioni tedesche riuscirono a tenere le cosiddette posizioni. Così vennero a mancare anche i successi che sarebbero stati necessari per rialzarne il morale”
Frido Von Senger Und Etterlin, dal suo libro “senza paura senza speranza”
6 Novembre 1943 - 79° anno, gli attacchi su monte rotondo e monte lungo
Il mese di novembre, vide l’intera Terza Divisione di Fanteria, incaricata di liberare le città lungo l’asse della Highway Six (la S.S. 6 Casilina) e successivamente raggiungere e conquistare le tre montagne che dominavano la valle a nord del villaggio di Mignano e che costituivano un ostacolo per le forze corazzate per proseguire la marcia su Roma.
Erano la collina di Monterotondo sulla destra della Highway Six; di Montelungo sulla sinistra e di Monte la Defenza (Monte Camino) sempre sulla sinistra. Le tre montagne, con la via Casilina nel mezzo, rappresentarono un ostacolo per quasi due mesi ed impegnarono migliaia di uomini. Alla fine si contarono oltre 120 medaglie tra le truppe americane e italiane cobelligeranti.
Per l’attacco sarebbero stati utilizzati il 15° reggimento, obiettivo Monterotondo e Montelungo ed il 7° reggimento, obiettivo monte La Defenza, al confine con il settore e obiettivo d’attacco Inglese, Monte Camino.
Le pattuglie di esploratori segnalavano diversi campi minati, trappole e postazioni di mitragliatrici su tutte le montagne, difese da unità della 3a divisione Panzergrenadier e della divisione Hermann Göring, ancora efficienti, nonostante le pesanti perdite subite fino a quel momento.
ll generale Truscott, che aveva avuto il comando della 3ª divisione di fanteria dall'aprile del 1943, aveva messo in riserva il 30°reggimento di Fanteria, tenendolo pronto per l’assalto decisivo in quella zona quando le difese Tedesche sarebbero state sul punto di crollare.
Ma la situazione tattica venutasi a trovare sul monte Camino, nel settore Inglese, dove la 56ª divisione Inglese era bloccata e veniva decimata; portò il generale Inglese McCreery a chiedere a Clark una maggiore pressione per aiutare la 56ª divisione.
Il generale Clark acconsentì chiedendo al generale Lucas un maggiore sforzo; quest’ultimo chiese al generale Truscott, comandante delle truppe dell’area definita come “Mignano Gap” (varco di Mignano), di impiegare anche il 30°reggimento di fanteria in una manovra avvolgente.
Truscott protestò, vedendo in questo lo spreco di un reggimento, ma obbedì agli ordini inviando il 30°reggimento. I soldati partirono subito a bordo dei camion verso Presenzano, nei pressi di Rocca Pipirozzi, da qui raggiunsero le zone presidiate dalla 45ª Divisione e avanzarono verso ovest lungo la “Cannavinelle Hill”, un sentiero di montagna scavato per l’occasione da un battaglione di Ranger, per prendere Monterotondo da Est, in una manovra di aggiramento delle postazioni nemiche.
Al reggimento, affaticato, bagnato per la pioggia che non terminava mai e infreddolito per le temperature basse del periodo, fu ordinato di conquistare e tenere la strategica posizione di Monterotondo che permetteva ai tedeschi di controllare la strada principale per Roma.
Alla pioggia si unì anche la neve, ed il 30° rgt di fanteria la mattina del 6 novembre attaccò compiendo pochi progressi. Al loro fianco, ad ovest, il 15° rgt di fanteria non era riuscito a conquistare la prima vetta di Montelungo, entrambi non avevano raggiunto i loro obiettivi e occorreva un nuovo attacco.
Il 6 novembre il 15th reggimento non aveva conquistato il suo obiettivo, le prime colline di Montelungo.
Audie Murphy con la sua compagnia si era rifugiato in una grotta tra Montelungo e Monterotondo, in una posizione avanzata. Mentre il resto del 15th si organizzava per un nuovo attacco a Montelungo.
Audie Murphy